C’è grande confusione sotto il cielo ed è evidente lo squilibrio che si avverte fra compiti, ruoli e funzioni di chi, a diverso titolo, si occupa della cosa pubblica. Di questo si è parlato in un recente convegno che gli ex allievi della Scuola Superiore della P.A. hanno tenuto presso il Forum PA 2013, nel tentativo di dare ordine ad un sistema istituzionale per capire chi, come e perché fa che cosa.
È uno squilibrio che investe, in primo luogo, i decisori politici, in affanno nel cercare di fornire risposte ad un Paese immerso nella più grave crisi economica e sociale del dopoguerra (per tacere dei noti scandali) e tuttavia puntuali nell’agganciare donne e uomini di fiducia su cui far leva nella macchina dello Stato; che investe la magistratura, come ha reso evidente nello scorcio della passata legislatura la vicenda del decreto sugli incarichi extragiudiziari e il fenomeno per cui giudici amministrativi e contabili sono immancabilmente a capo dei gabinetti dei Ministeri (Conflitti d’interesse? What?); e che investe, infine, l’amministrazione pubblica e la dirigenza in particolare, la quale, pur con tutte le sue colpe ed i suoi ritardi, sembra ormai relegata al ruolo del vaso di coccio fra i vasi di ferro, soggetto e oggetto di una fenomenale opera di “sviamento percettivo generale” in virtù del quale manager paperoni e ostili a qualsiasi riforma del Paese (tutto sommato un upgrade rispetto al tema del fannullonismo) sono l’unica, vera causa di ogni male.
Aggiungiamoci la furiosa condanna senza mezzi termini della “casta”, immenso e ribollente calderone in cui, a turno, le varie categorie vengono inesorabilmente immerse e la rumorosa e legittima protesta dei cittadini che pretendono di essere parte attiva dei processi di cambiamento e il quadro è completo. E allora? Allora si potrebbe dire, chiaramente e senza esitazione, che ogni invasione di campo fra la sfera del potere legislativo, del potere esecutivo, e del potere giudiziario porta con sé rischi di opacità e commistione che non possono essere accettati. E pretendendo sistemi di trasparenza vera ed efficace che siano a vantaggio di tutti, amministrazione in primo luogo, senza orge di sovra informazione, come almeno al momento parrebbe richiedere il complesso delle norme sulla trasparenza e lotta alla corruzione varate dal Parlamento, ma attraverso la capacità di dar contro degli interna corporis dello Stato a chiunque, in qualsiasi momento. Preparando e formando, in primo luogo, le amministrazioni e le donne e gli uomini che dovranno far fare alla macchina dello Stato un salto epocale.
E perché, in fondo, possano essere i cittadini a potere esprimere quel controllo diffuso e democratico in base al quale apprezzare che ciascuno faccia bene ed in via esclusiva quel mestiere per il quale è stato assunto o eletto e viene pagato: fare una cosa e, se possibile, farla bene.