E l’estrema destra che fine ha fatto? Il crollo dell’affluenza alle amministrative miete un’altra vittima: a Roma i partiti che si richiamano più o meno apertamente all’esperienza fascista sono quasi scomparsi. La Città Eterna è stata spesso dipinta come un punto di riferimento per nostalgici. Terreno fertile per la crescita e la diffusione dei movimenti dell’estremismo nero. Ma di loro – almeno nei seggi – non c’è traccia.
Il movimento più attivo della Capitale resta CasaPound. Occupazioni a scopo abitativo, conferenze, concerti… Per molti organi di informazione, spesso senza troppe analisi, solo un centro sociale di destra. I fascisti del terzo millennio stavolta non bucano. Il candidato sindaco Simone Di Stefano conquista 7.166 voti, lo 0,59 per cento. La lista con la tartaruga si ferma un migliaio di preferenze indietro. Eppure alle regionali dello scorso febbraio Di Stefano aveva sfiorato l’1 per cento, con quasi 20mila voti nella provincia di Roma.
È comunque un successo, se paragonato al risultato di partiti tradizionalmente più radicati. Forza Nuova raccoglie 1.780 voti. E il candidato Gianguido Saletnich arriva allo 0,16 per cento. Alle regionali, tre mesi fa, il partito di Roberto Fiore si era fermato allo 0,4 per cento (circa 10mila voti nella sola provincia della Capitale). Ancora peggio per la Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli. 1.556 voti per la lista, pochi di più per il segretario aspirante primo cittadino che si attesta allo 0,14 per cento.