Dazi sulle rinnovabili: protezionismo o autodifesa

In questi giorni si sta parlando molto dei dazi imposti (provvisoriamente) decisi dalla Commissione sui pannelli fotovoltaici cinesi. Molti sono i sostenitori del fatto che questa misura arrivi tr...

In questi giorni si sta parlando molto dei dazi imposti (provvisoriamente) decisi dalla Commissione sui pannelli fotovoltaici cinesi. Molti sono i sostenitori del fatto che questa misura arrivi troppo tardi e avrebbe un effetto negativo sui prezzi su un’industria già in difficoltà.Si dice anche la Cina ha saputo cogliere al volo questa straordinaria opportunità, a differenza dell’Europa che si presenta invece in ordine sparso. Questo secondo punto è senz’altro vero: l’UE deve fare i conti con una Cina altamente dinamica e competitiva che ha saputo sfruttare la mancanza di una chiara strategia di valorizzazione di un’industria innovatrice dell’UE. Si tende però a dimenticare che la Cina ha colto l’opportunità in questione praticando un dumping inaccettabile; siamo insomma in una situazione di abuso, dato che la Cina sovvenziona con decine di miliardi di dollari i pannelli solari, li vende sotto-costo ed è all’origine di una sovrapproduzione mondiale del 40%. E infatti, come ha recentemente dimostrato un’importante indagine della Commissione Europea, in pochi anni la quota di mercato cinese all’interno dell’Unione Europea è passata da zero all’80 %, quasi un monopolio, con cifre intorno aI 21 miliardi di export cioè il 7% esportazioni cinesi. (fonte il Sole 24 ore). Perché Pechino nutre da diversi anni una vera e propria bolla attraverso il dumping, sovvenzionando una massiccia capacità di produzione nazionale di pannelli.
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Gli USA hanno deciso di introdurre dei dazi di gran lunga più pesanti di quelli europei da poco più di un anno. Purtroppo pare ormai certo che la fortissima pressione che la Cina sta esercitando sui paesi europei, stia dando i suoi frutti e pare che una decina di stati membri fra cui la Germania si stiano posizionando contro i dazi per il timore di una guerra commerciale con la Cina. E’ di pochi giorni fa la minaccia ai vini europei che sta facendo riflettere altri paesi, fra cui il nostro. Dobbiamo temere che si inneschi una guerra commerciale resistendo alle pressioni cinesi? Non scherziamo: quando un paese utilizza il dumping sociale, ambientale, fiscale per guadagnare mercati internazionali geo-strategici, o minaccia di ritorsioni Stati che osano sfidare queste pratiche, è chiaro che siamo già in una guerra commerciale.
Vorrei ricordare alcuni fatti importanti: nel 2011, nonostante la crisi economica, gli investimenti globali nelle energie rinnovabili ha raggiunto più di 200 miliardi di euro, cinque volte in più rispetto al 2004. Le rinnovabili ora rappresentano più della metà della nuova capacità di generazione elettrica installata nel mondo. Ma negli Stati Uniti e in Europa, nonostante i successi mondiali, l’industria fotovoltaica si trova ad affrontare una crisi senza precedenti, molte aziende sono fallite, altre resistono con estrema difficoltà. Decine di migliaia di posti di lavoro sostenibile sfumano, le competenze e le recenti industriali scompaiono in un mercato globale invaso da pannelli cinesi.
In Europa e in Italia, vi é una vera e propria filiera delle rinnovabili e oggi non v’è dubbio che la parte più debole sia proprio quella della produzione dei pannelli. Può essere rinvigorita, magari su basi più innovative se il dumping cinese verrà fermato o è troppo tardi? Riuscirà il resto della filiera a resistere all’attacco concentrico dei dazi e della riduzione a volte drastica degli incentivi? E’ la sfida che abbiamo davanti: E’ un fatto però che la ricerca si sviluppa meglio dove vi è un reale sbocco di mercato; la filiera va oltre la costruzione di panelli fotovoltaici; ma fermare il dumping potrebbe dare una prospettiva anche di ricerca in Europa e potrebbe creare perciò’ nuove opportunità di sviluppo industriale.
Certo, a condizione che cambi politico e legislativo rispetto all’attuale “malafama” delle rinnovabili, accusate di “costare troppo” in incentivi; e si continui a disegnare per l’UE un futuro dove rinnovabili ed efficienza sono “privilegiate” in termini di targets ambiziosi, rispetto ad altre fonti e tecnologie dubbiose, come il gas di scisto e il “carbone pulito”. A questo proposito, voglio solo ricordare che nel 2011 gli incentivi diretti e indiretti ai fossili in Italia sono stati dell’ordine dei 9 miliardi di euro (ben di più che quelli alle rinnovabili); d’altra parte, il loro peso in bolletta è di circa il 20%.
Rispetto alla Cina, poi, c’è anche un elemento “psicologico” importante: si è detto che efficienza energetica e rinnovabili dovevano portarci a termine a una maggiore autonomia, anche tecnologica: perché mettersi invece nelle mani dei i cinesi, che operano in modo affatto attento a regole ambientali e sociali, un sistema autoritario che foraggia le imprese con migliardi di euro?Perché rassegnarsi alla fine di questa parte dell’industria delle energie rinnovabili, accettando per di più una posizione dominante e a termine di vero e proprio monopolio da parte della Cina? Senza contare che l’argomento del prezzo più basso potrebbe poi rivelarsi fallace nel medio, lungo periodo: come ben dimostrato dal caso delle terre rare, quando si arriverà ad una situazione di monopolio i prezzi non faranno che aumentare.
L’offensiva cinese altera in modo sostanziale l’ industria del fotovoltaico in Europa; si sarebbe naturalmente dovuto agire molto prima e noi lo abbiamo segnalato da tempo; addirittura potrebbe essere troppo tardi. Ma dobbiamo renderci conto che non fare nulla significa rinunciare all’industria in questo settore, e limitarsi alle attività di ricerca che stanno a monte della produzione dei pannelli e a valle, marketing, istallazione, manutenzione, riciclaggio). Non è male, certo, si tratta di attività che sono pari al 60% del settore e rappresentano molti posti di lavoro, che devono essere salvaguardati.
In conclusione, la filiera delle energie rinnovabili e del fotovoltaico potrebbe permettere all’UE di “costruire” progressivamente la sua autonomia energetica, anche dal punto di vista della tecnologia; al contrario di ciò che avviene, ad esempio, per la produzione dell’acciaio dove India e Cina ormai sono i principali venditori di materie prime all’UE. Se il mercato del fotovoltaico verrà completamente rimpiazzato da parte di produttori Cinesi che agiscono fuori dalle regole, questo non farà che portare l’Europa ad essere sempre maggiormente dipendente da Pechino e le industrie che si stanno dedicando alla green economy a aumentare le loro difficoltà.

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