Gli Usa negano il visto al braccio destro di Pisapia

Tra Stati Uniti e il comune di Milano scoppia il caso internazionale. Paolo Limonta - stretto collaboratore del sindaco Pisapia e responsabile per le Relazioni con la città - non potrà varcare le f...

Tra Stati Uniti e il comune di Milano scoppia il caso internazionale. Paolo Limonta – stretto collaboratore del sindaco Pisapia e responsabile per le Relazioni con la città – non potrà varcare le frontiere Usa. Qualche giorno fa l’ambasciata americana gli ha negato il visto per entrare nel paese. Una spy-story da guerra fredda. Più probabilmente un disguido burocratico che per una volta vede il nostro Paese come parte lesa. Intanto la polemica monta.

Il braccio destro di Pisapia resta in attesa di un’ulteriore valutazione del consolato statunitense. Dopo il primo divieto, i diplomatici americani si sono presi dai venti ai novanta giorni per rivalutare la sua posizione. Ma perché tanta diffidenza? Che Limonta – al Comune è lui a dialogare con i centri sociali – sia forse un pericoloso comunista? Oppure, come maligna l’ex vice sindaco milanese Riccardo De Corato, la colpa è di Pisapia? Colpevole di aver snobbato qualche giorno fa un invito dell’ambasciatore a stelle e strisce (evidentemente molto permaloso). 

Nel dubbio il dirigente del comune di Milano perde la pazienza. «Oggi mi presento e una simpatica funzionaria mi comunica che la mia richiesta divieto non è stata accettata e, incredibilmente, chiede a me di spiegarle le ragioni di questo rifiuto. Ho suggerito di verificare se, per caso, alla base della non concessione del visto ci potesse essere eventualmente il fatto che ho difeso e difendo i diritti di molti popoli oppressi come i kurdi, i palestinesi, gli iracheni e continuerò a farlo. Oppure che la mia crescita umana e politica sia stata indelebilmente segnata dai golpe avvenuti in Sud America e che la mia critica alla politica statunitense in quell’area sia stata costante nel nome di tutte le centinaia di migliaia di donne e uomini innocenti imprigionati, torturati o uccisi».

Forse non sono gli argomenti migliori per convincere lo staff del consolato a rivedere la decisione. Nel frattempo il caso si ingrossa. Nei prossimi giorni sarà ufficialmente chiamata in causa la Farnesina. Il capogruppo di Sel nella commissione Affari Esteri della Camera Arturo Scotto sta presentando un’interrogazione al governo. La Casa Bianca finisce al centro del mirino. Chissà se il ministro Emma Bonino è pronta a mettere sotto accusa Barack Obama per garantire le vacanze oltreoceano del collaboratore di Pisapia.  

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