Le mani delle lobby sulla tassa sulla finanza.

Aumenta la pressione dalle lobby contro la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) presentata dalla Commissione europea e che dovrebbe essere applicata da gennaio 2014. Lo vediamo ogni giorno a B...

Aumenta la pressione dalle lobby contro la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) presentata dalla Commissione europea e che dovrebbe essere applicata da gennaio 2014. Lo vediamo ogni giorno a Bruxelles e nei giornali europei. Nel Consiglio Europeo, alcuni governi di cui i collegamenti con il settore finanziario e bancario sono ben conosciuti, sono entrati in guerra contro questa tassa. Essi lavorano in privato, lontano dal Parlamento Europeo e lontano dal dibattito pubblico, che i media peraltro non seguono né valorizzano abbastanza. Come dimostrato da precedenti episodi di annacquamento della normativa finanziaria, la direttiva CRD IV (sulle norme prudenziali delle banche), la direttiva AIFMD sugli hedge funds, i regolamenti EMIR sui derivati, la direttiva CRA sulle agenzie di rating e sul short selling. Queste lobby stanno giocando una partita importante nella distruzione minuziosa delle proposte di per nuove e più stringenti regole del gioco.
Gli Stati e le lobby, come ad esempio l’Associazione dei mercati finanziari (AFME) ma anche la FESE – Federation of European Stock Exchanges, Businesseurope (ovvero la Confidustria Europea) che non sono a favore della TTF si agitano. L’esistenza di una tassa non è più solo un desiderio astratto. Dopo tanti anni di campagne, i cittadini e le ONG sono riusciti a convincere undici governi europei a introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie a livello europeo. L’impegno è stato preso: gli Stati membri che intendono introdurre una tassa lo possono fare, e coloro che vi si oppongono (il Regno Unito, la Svezia o il Lussemburgo) non lo possono impedire.
Come scrivono Andrea Baranes ed Elisabetta Tramonto nel libro “La tassa contro la speculazione”, “Una tassa sulle TF può avere diversi scopi. Può essere un deterrente: far pagare una quota addizionale su una certa attività per disincentivarne la realizzazione. E può essere un modo per fare cassa: raccogliere denaro, da usare poi possibilmente per finalità di pubblica utilità. Nel caso della Tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) si ritrovano entrambi gli obiettivi. È un prelievo con un incidenza molto ridotta (tra lo 0,01% e lo 0,1%, a seconda delle correnti di pensiero) da applicare su ogni compravendita di titoli (azioni e obbligazioni) e strumenti finanziari (contratti derivati, cambio valuta, ecc).”
La tassa colpirebbe la speculazione e fornirebbe risorse preziose per gli Stati membri interessati, una tassa che potrebbe essere reindirizzata verso gli investimenti per il futuro, verso la creazione di posti di lavoro, verso l’innovazione e verso la lotta contro la povertà, nel mondo e in Europa. Grazie alla realizzazione congiunta del “principio delle emissioni”, che richiede alle istituzioni finanziarie al di fuori dell’Unione Europea di pagare la tassa, anche se i titoli sono stati emessi all’interno dell’Unione Europea, e grazie anche al “principio di residenza”, col quale tutte le transazioni finanziarie nell’Unione europea vengono tassate, la potenziale delocalizzazione di dipendenti del settore o di capitale sarà evitata. Con una vasta area (compresi i fondi di pensione), la tassa riguarderà tutti i prodotti, tutti i mercati e tutti gli attori finanziari. Anche se limitato solo a undici paesi, le sue prestazioni dovrebbero essere ogni anno tra 30 e 40 miliardi di euro. Un bel colpo per il bene comune!
La minaccia sulla TTF è solo l’ultimo episodio di una lotta tra la democrazia e il settore finanziario, a cui stiamo assistendo nei parlamenti europei e americani dall’inizio della crisi finanziaria. Questa lotta è feroce e ogni battaglia è decisiva: l’influenza delle lobby su alcuni regolatori finanziari paralizza la loro capacità di regolare efficacemente i mercati e di fare tornare le banche alla loro funzione originale: finanziare l’economia. È una delle cause principali della diffusione della crisi, in particolare in Italia.
Siamo molto preoccupati. In Europa, gli oppositori della tassa stanno guadagnando terreno, la pressione politica e dell’opinione pubblica diminuisce ed i governi che sostenevano la TTF sono sempre più divisi. In Germania, la TTF viene presa in ostaggio le prossime elezioni tedesche, il Belgio e l’Austria vogliono escludere i fondi di pensione mentre la Francia e l’Italia vogliono riprodurre in Europa la loro TTF nazionale.
Il settore finanziario ha intrapreso un’operazione di lobby aggressiva. La strategia prende due direzioni: dividere la coalizione degli undici Stati membri che desiderano applicare la TTF, ritardando le decisioni attraverso gli Stati che non vogliono introdurre la tassa, e chiedere più esenzioni che potrebbero pregiudicare l’efficacia della TTF. Il governo britannico, sostenuto dal suo omologo lussemburghese, ha anche deciso, senza vergogna, di denunciare la Commissione Europea presso la Corte di giustizia sulla proposta legislativa sulla TTF, in quanto sta andando al di là dei suoi poteri.
Non bisogna dimenticare che l’obiettivo della tassa sulle transazioni finanziarie, oltre l’imposizione di un settore tradizionalmente troppo protetto, è fare valere (almeno in parte) le ragioni dell’interesse collettivo anche sul settore finanziario! L’ultimo decennio è stato caratterizzato dalla crisi che conosciamo, originata dal casino’ della finanza speculativa e oggi ormai dilagante nell’economia reale. Il settore finanziario ha agito nell’interesse dell’1% della popolazione più ricco, imponendo una grandissima deregolamentazione, attuata dai governi ciechi o complici contro il 99% della popolazione. Oggi é indispensabile invertire questa tendenza. Siamo già in ritardo, come i gravissimi fatti in Grecia o in Italia dimostrano chiaramente. Anche se é bene sottolineare che si sono fatti importanti passi avanti e spesso l’Unione Europea – e in particolare il Parlamento Europeo – hanno giocato un ruolo positivo. Limitando il bonus e imponendo la trasparenza sulle attività delle banche, i regolamenti bancari europei (Basilea III, cioè la direttiva sulla vigilanza prudenziale IV) hanno mostrato che quando la volontà politica e le pressioni popolari convergono, la democrazia può riprendere il controllo. Adesso é tempo di rimettere al centro del dibattito il contributo essenziale che il settore finanziario deve dare all’uscita dalla crisi.

Monica Frassoni, Co-Presidente Partito Verde Europeo
Philippe Lamberts, Eurodeputato dei Verdi

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