Nel XVIII capitolo de Il Principe, Niccolò Machiavelli descriveva le attitudini morali e le doti immorali che il buon reggitore dovrebbe mostrare ai propri sudditi. L’uso dell’astuzia, della dissimulazione e dell’inganno unitamente alla forza per impaurire i nemici sono caratteristiche che il Principe deve saper controllare per mantenere il proprio potere. Egli deve essere al tempo stesso volpe e leone:
Sendo adunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può per tanto uno signore prudente, né debbe, osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro, e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E, se li uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma, perché sono tristi e non la osservarebbano a te, tu etiam non l’hai ad osservare a loro. Né mai a uno principe mancarono cagioni legittime di colorire la inosservanzia. Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni, e monstrare quanta pace, quante promesse sono state fatte irrite [prive di valore legale], e vane per la infidelità de’ principi: e quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato. Ma è necessario questa natura saperla bene colorire, et essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici li uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare.
Ormai – anche se non è semplice dire quanto abbia influito il destino (la “fortuna” nel vocabolario machiavelliano) – il bestiario della politica italiana sembra aver radicalmente modificato la propria iconografia. Nelle lotte intestine al Pd e al PdL, che vedono protagonisti Matteo Renzi e Daniela Santanchè, gli animali ai quali associare per analogia ‘doti’ politiche sono paradossalmente e ironicamente assai cambiati. Dalla volpe e il leone siamo passati al piccione e la pitonessa. Se l’autore dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio fosse vissuto nel nostro tempo, e, svegliandosi al mattino, avesse aperto i quotidiani (cartacei e online) italiani, che cosa avrebbe pensato?