Argentina agrodolceGiocare a polo a Milano diventa una realtà

Sotto le prime gocce autunnali, dopo cinque limpidi giorni di partite avvincenti, si è conclusa ieri alla Caserma Santa Barbara di Milano la Audi Polo Cup, il primo torneo di polo meneghino. Numer...

Sotto le prime gocce autunnali, dopo cinque limpidi giorni di partite avvincenti, si è conclusa ieri alla Caserma Santa Barbara di Milano la Audi Polo Cup, il primo torneo di polo meneghino. Numerosi i giocatori e i cavalli argentini in campo, grazie all’indiscusso primato che vantano in questo sport, ma anche gli italiani, sempre più partecipi, agguerriti e numerosi (circa centocinquanta tesserati in Italia) e dipendenti dall’indomabile adrenalina che questo sport produce. Ventiquattro giocatori, per un totale di sei squadre, sponsorizzate da Audi, Hublot, Ruinart, Monte Carlo, U.S. Assn e Cortina Polo Style, hanno preso parte al torneo, che ha visto la vittoria finale del Team Audi.

Con la “bocha” (palla) che filava liscia sull’erba e tra le gambe dei cavalli, su un’area fino a poco tempo fa inutilizzata della Piazza d’Armi della storica caserma Perrucchetti, Mercoledì scorso, al fischio dell’arbitro argentino Federico Martelli, è iniziata la Milano Autumn Polo, una nuova tappa del prestigioso circuito Audi Polo Cup, che in altre stagioni richiama giocatori e appassionati sulle spiagge della Costa Smeralda e di Forte dei Marmi, sulle mondane nevi di Cortina e sui verdi terreni del Roma Polo Club. Il polo in Italia è soprattutto un grande evento, ma anche una continua novità.

È la prima volta infatti che si gioca a Milano, e la Caserma Santa Barbara, costruita per ospitare il Reggimento Artiglieria a Cavallo al termine della Prima Guerra Mondiale, inaugurata nel 1931, alla presenza di Vittorio Emanuele III e del Principe Eugenio di Savoia, cui rimase intitolata fino al 1945, oggi ospita il primo campo di polo nel bel mezzo della città. Non somiglia certo alla “cancha de Palermo”, storico campo di polo cittadino di Buenos Aires, dove ogni anno si svolge il campionato Abierto de polo (il più importante al mondo), ma sicuramente il contesto storico della Perrucchetti ha il suo fascino e la sua bellezza.

“Il campo è nato grazie alla collaborazione dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria nel 2011 ed è il primo campo in città considerando che i polo club, per motivi di ordine logistico, si sono sempre sviluppati lontani dalla cerchia cittadina”, spiega Renato Bolongaro, segretario del Milano Polo Club che ha la sede principale a Mesero (Magenta). Il gioco del polo in Italia ha visto una crescita notevole, e la nascita di nuovi polo club su tutto il territorio nazionale. Ad oggi se ne contano più di quindici affiliati alla FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) e i giocatori, così come i tornei, sono aumentati “nonostante la crisi quest’anno si sia fatta sentire anche sul campo”, assicura una giocatrice romana nell’assistere alla partita del padre sul campo milanese.

Il polo richiede energie fisiche, economiche, organizzative, e ragioni di spazio e di tempo, non indifferenti. La misura minima regolamentare di un campo di polo è di 240 metri per 120 e la manutenzione richiede annaffiatura e insabbiatura costanti.
Per giocare una partita di quattro chukkers (tempi), ci vogliono otto giocatori (quattro per squadra), ognuno con almeno quattro cavalli (uno per ogni tempo) specificamente addestrati per il polo, servono le stecche e un’attrezzatura adeguata, un “petisero” (persona chiave nel giocare a polo in sicurezza) che si occupa di sellare e aiutare con il cambio dei cavalli, e ovviamente un allenamento costante e intensivo tanto del giocatore come del cavallo.

Chi decide dedicarsi al polo ne fa una vera e propria ragione di vita. In Argentina, intere famiglie gravitano intorno a questo sport da re. Il clima, lo spazio e il tempo, da noi sempre carenti, e quindi preziosissimi, influiscono molto sulle altre variabili. In Italia lo sforzo organizzativo è decisamente maggiore. Certamente, superato questo, l’addizione a questo gioco diventa inevitabile. La passione per i cavalli, il gioco di squadra, la velocità, l’adrenalina, la sfida, diventano compagne costanti durante quei quaranta minuti di gioco, assolutamente unici. Poi l’adrenalina cala e non se ne può più fare a meno.

Al contrario del gioco del golf, nel polo l’abilità cresce insieme con l’handicap, e con solo raggiungere un 2 di handicap in Italia si è già considerati dei veri professionisti. Pochissimi giocatori al mondo, come per esempio gli argentini Adolfo Cambiaso, Juan Martin Nero, Facundo e Gonzalo Pieres, sono riusciti a raggiungere il 10, e senza dubbio, è tutto un altro polo. Bello da vedere, impossibile da giocare.
“È una bellissima opportunità quella di giocare a Milano, del resto in Italia sono sempre bellissimi i contesti dove giochiamo”, assicura sul campo meneghino il giocatore professionista argentino Silvestre Fanelli, che a 22 anni, con 4 goal di handicap, è richiestissimo nelle squadre italiane, come molti suoi connazionali.
Non avremo un grande polo, ma sicuramente i contesti dovesi riesce a organizzarlo ci fanno sempre grande onore.

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