GloβNSA: ok trasparenza, ma niente nomi

A qualche giorno da Davos, le Big della Silicon Valley mobilitate pubblicano tutte insieme - ma ognuna sul proprio sito - i Transparency Report promessi dall'inizio dello scandalo NSA. Yahoo, Goog...

A qualche giorno da Davos, le Big della Silicon Valley mobilitate pubblicano tutte insieme – ma ognuna sul proprio sito – i Transparency Report promessi dall’inizio dello scandalo NSA.

Yahoo, Google, Facebook, Microsoft, Apple e altre: queste grandi aziende, che abbiamo difficoltà ad immaginare se non come piattaforme virtuali, hanno ceduto i nostri dati ai servizi segreti americani – quando la NSA non ha forzato direttamente i loro database.

Con l’ok del governo Usa, le grandi società di internet possono finalmente fornire qualche prova della loro innocenza. Dall’inizio dello scandalo, le aziende hanno sempre sostenuto di essere state obbligate a collaborare con il governo fornendo i dati di migliaia di utenti di tutto il mondo alla Sorveglianza, e oggi possono dimostrarlo. Ed esentarsi dal dibattito.

Ogni azienda quindi ha diritto di dichiarare solo il numero di richieste governative e il numero di schede-utenti effettivamente consegnate. Apple per esempio specifica di aver concesso un numero inferiore di dati a quelli richiesti, tanto per sottolineare il suo rifiuto di collaborare in toto.

Ma questo per noi potrebbe anche essere l’altro versante della complicità – ipotizzando una solidarietà tra industriali – poiché non conosciamo i criteri di selezione né sappiamo quello che ha spinto Apple a proteggere alcuni utenti e altri no.

Chi è sulla Schindler list di Apple?

Dei nomi degli utenti spiati (o tratti in salvo) non se ne parla, e su questo almeno concordano Stato e aziende: la regola della privacy fa comodo ad entrambi.

Ma senza i nomi, l’operazione di Snowden prende una piega conciliante. E infatti con Snowden governi e industriali possono stare tranquilli, è un whistleblower che canta poco.

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