Se esiste una carta dei doveri del giornalista, un naturale senso del pudore e della misura e soprattutto se veramente la Rai, cosa che non accade da molto tempo, vuole essere servizio pubblico aperto e di livello internazionale, telecronache come quelle di ieri andrebbero cancellate ed il telecronista licenziato in tronco.
Non accadrà, perché siamo in Italia, perché in fondo a quel punto, dopo le minchiate di e su Balotelli e Prandelli, poco interessava agli italiani chi avrebbe vinto questo insulso Mondiale di Calcio, uno dei più brutti della storia, e anche perché ormai l’Italia si è appiattita su un tipo di giornalismo provinciale ed alquanto risibile, soprattutto nel pubblico.
Ed è anche inutile sviscerare le tristi parzialità e l’esaltazione dei tedeschi in tutte le salse di Stefano Bizzotto (dall’urlo consolatorio sugli errori argentini a quello a squarciagola sul gol di Goetze, al silenzio sul fallaccio di Neuer da espulsione, dimenticato da due italiani, cronista ed arbitro), chiaramente di origine bolzanina, buona gavetta locale e su stampa e grande conoscitore di calcio internazionale, di cui io personalmente ero grande estimatore. Quando in Rai quello che accadeva nel resto d’Europa e del mondo, in fatto di Calcio e non solo, lo raccontava solo lui e in poveri dieci minuti di servizi alla Domenica Sportiva o a Domenica Sprint. A quanto pare si trattava di semplice nostalgia mitteleuropea.
Bizzotto ha mancato in molti punti di rispettare il dovere di decoro e di imparzialità durante una cronaca, sia essa sportiva o altro, il rispetto per un’altra nazione e per i telespettatori che stavano assistendo alla partita dall’Italia o da altri luoghi oltre all’art. 4 del decalogo del giornalista sportivo che dice testualmente: “Il giornalista sportivo tiene una condotta irreprensibile durante lo svolgimento di avvenimenti che segue professionalmente”, oltre al rispetto di razze e culture altrui.
È stata una grande commistione di italo-tedeschi con Bizzotto impegnato in parte a difendere l’inadeguato arbitraggio di Rizzoli e dall’altro a fremere per ogni azione dei tedeschi, per ogni occasione mancata della Germania, fino al gol di Goetze, quando ha superato perfino le urla di caressiana memoria per il Mondiale 2006, un mondiale dove non a caso Bizzotto non fu presente in occasione della semifinale vinta dall’Italia ed ora sappiamo il motivo.
Chiedersi perché la Rai stia uscendo definitivamente dal panorama dei diritti tv in fatto di sport significa anche chiedersi perché le cronache delle partite dell’Italia e la finale siano state affidate ad un giornalista che italiano, a quanto pare, non si sente (e quindi che commenti le partite alla ZDF o alla RTL o nelle tv locali sudtirolesi) e perché la televisione non è riuscita a crescere una generazione di cronisti dopo Carosio, Martellini e Pizzul al pari della radio.
Perdonare Bizzotto e non cacciarlo significa proprio questo, assecondare questa superficialità nel curare la propria scuola giornalistica, condendola con esperti. Ma se Bizzotto si sente proprio così bolzanino filo-tedesco, la sua irreprensibilità teutonica dovrebbe portarlo a fare una scelta di responsabilità, ovvero abbandonare la Rai e le telecronache e tornare in altri settori, o meglio in altre televisioni. Se non lo farà sapremo che cosa ha di italiano: la “qualità” di mantenere la poltrona, anzi il microfono.