Annuncio clamoroso ieri al Palazzo Ca’ Giustinian dov’è stato presentato il programma della 56° Biennale d’arte di Venezia: il curatore nigeriano Enwezor opta per una tematica politica-economica dal titolo “All the World’s futures” che però riporta nel cuore della riflessione artistica un testo fondamentale che sembrava ormai dimenticato dagli anni ’70, Il Capitale di Marx.
Nel 2015 avremo quindi una biennale marxista. Una scelta, possiamo dirlo forte, incredibilmente controcorrente oggi.
Non solo: Enwezor decide di non rinnegare la centralità dei conflitti che agitano il pianeta e, da africano, accetta senza fronzoli né esotismi i suoi tragici vincoli culturali.
E così, senza tabù, durante la presentazione Enwezor affronta perfino gli argomenti attuali più roventi, Siria, Irak e Palestina, e con fermezza rimette sul tavolo l’analisi ancor oggi più lucida che esista sul capitalismo, scritta per lo più dal padre del Comunismo.
Chapeau per l’audacia, Enwezor.
Ora vediamo cosa dice sull’arte Marx nel Capitale.
L’arte, pur essendo l’ideale più alto, resta un lavoro, Marx lo chiama “il lavoro poetico”. Per Marx l’artista è l’unica figura che va oltre la Storia perché ha la capacità di parlare oltre i secoli.
Ma attenzione, nel Capitale nessuno nemmeno l’artista – come sta perfettamente a testimoniare il mercato dell’arte oggi – è esente dal processo di mercificazione, dal materialismo.
Per Marx il materialismo non è una ideologia: è la condizione umana, un’esistenza biologicamente legata alla materia.
Tuttavia, nonostante questa ineluttabilità di base, per Marx è già chiaro un limite in partenza: il capitalismo non sconfigge la povertà e il pagamento non risolve la condizione di schiavitù. Un duro – seppur realistico – presupposto, colpevolmente by-passato nella retorica democratica contemporanea.
E’ importante perciò ribadire che per Marx il capitalismo non prescinde mai da quest’ammissione: il mercato è e resta una dinamica insufficiente, come sono altrettanto limitate la nostra forza, la nostra volontà e più in generale le possibilità individuali o collettive. E’ a questo punto che appare in tutta la sua necessità la forza evolutiva.
Chissà dunque se implicitamente Enwezor non stia invitando curatori, mercanti, collezionisti e “artistar” a fare un atto di umiltà, a riconoscere il bisogno oggi di rimettere in discussione certe priorità, certe gerarchie.
Per ora ci basta sapere che la sfida marxista dell’alternanza, del rinnovo e della coscienza critica, è ufficialmente rilanciata.
(scritto da Raja El Fani)