Juan Carlos Distefano, Ana Gallardo, Ernesto Ballesteros ed Eduardo Basualdo sono gli artisti argentini che incontreremo in questa nuova edizione della Biennale d’arte di Venezia. Il primo, come rappresentante argentino, presenterà 23 opere antologiche nel padiglione dell’Arsenale, mentre gli ultimi tre fanno parte del gruppo di artisti selezionati in giro per il mondo dal curatore nigeriano Okwui Enwezor per la mostra centrale della Biennale, che aprirà i battenti il prossimo 9 Maggio. Il curatore ha selezionato i tre artisti a Buenos Aires, visitando i loro laboratori, scegliendo infine di invitarli a partecipare alla Biennale per la loro proposta coerente con la sua traiettoria multidisciplinare, orientata al futuro del mondo. “All the world’s future” è infatti il titolo della 56esima edizione della Biennale, che vede la presenza di nuovi artisti, nuovi paesi, nuovi padiglioni a loro dedicati.
Ana Gallardo, presenterà un esteso progetto, chiamato El pedimento, cominciato nel 2009, e che culminerà nella Biennale. Originalmente ispirato ai diversi rituali di Oaxaca, in Messico, durante i quali la gente fa offerte alle divinità con la speranza di ricever in cambio i sui favori, l’artista invita i partecipanti a riflettere sulla propria vecchiaia, modellando con l’argilla una figura che incarni le sue preoccupazioni o desideri per il futuro. Per la Biennale ha pensato di convocare le detenute del carcere femminile della Giudecca, che hanno trascorso gran parte della loro vita, private della loro libertà. Davanti all’imminenza della loro vecchiaia l’artista ha proposto a queste donne, un esercizio per intravedere la loro vecchiaia provando a immaginare le loro necessità, partendo dalla produzione di oggetti realizzati con terra, acqua e compost, materiali impiegati nei loro orti e con i quali coltivano i loro alimenti.
E chi se non un artista argentino, come Ernesto Ballesteros, poteva proporre il tema del volo? Con il progetto Vuelos de interior, Ballesteros attraverso un volo continuo dei suoi aerei ultraleggeri, durante tutta la durata della Biennale, vuole esibire tutto il peso, la densità e la materialità dell’aria, mostrando l’evidenza di quella linea la cui continuità fa in modo che altre linee invisibili trascendano il piano visuale, per rivelare infine la fragilità del momento presente. L’artista vuole rendere visibile l’invisibile. Nel preciso istante in cui uno dei suoi ultraleggeri abbandona la sua mano per elevarsi in aria, ci avvicina sempre di più al regno della magia, più che alla mera fisica, e ci colloca nella soglia che esiste tra il possibile e l’impossibile.
Le opere che presenterà invece Basualdo alleneranno i nostri occhi a percepire ciò che non c’è, e quello che c’è, seppur un po’ più in là. Nei suoi universi c’è sempre qualcosa in più, che va all’incontro con l’occhio, e ciò che l’occhio incontra è proprio lì per guidarlo verso questa dimensione del non visto. Oltre a tutto ciò che si può incontrare, c’è sempre qualcosa di più: una crepa in una porta solida, per esempio; qualcosa in più di spazio e vuoto, più in là e più in qua delle linee continue di tutti i giorni; l’immagine spettrale di ciò che riposa sotto il tavolo o al di là della parete; l’ombra visibile della lama di un coltello occulta.
“Ho portato a Venezia una serie di pezzi mai esposti, che il curatore ha selezionato personalmente”, mi racconta Basualdo dalla Serenissima, mentre prepara la sua installazione. “Si tratta di una porta verticale nel mezzo di uno spazio, erosa al centro, consumata dall’attrito di una mano o di uno strumento, fino al punto di apparire traslucida e in parte disintegrata”, mi racconta l’artista, emozionato dalla monumentalità della Biennale. Un altro lavoro che presenterà si chiama Amenaza (minaccia) e consiste in un manico di coltello che proietta l’ombra della sua sagoma invisibile su un tavolo, mentre sulla parete ci sono multipli pezzi. Sicuramente suona come una minaccia, che senza dubbio deve essere vista per essere capita. Un po’ come tutta l’arte…