Non aprite quelle porteIl bastone per i selfie ci ucciderà?

In principio fu il sandalo con il calzino.Poi il marsupio.Poi la manina appiccicosa.Poi il borsello.Ogni primavera, infatti, porta con sé fiori di pesco, nuove mode e nuovi gadget.Nell’Anno Domini ...

In principio fu il sandalo con il calzino.
Poi il marsupio.
Poi la manina appiccicosa.
Poi il borsello.
Ogni primavera, infatti, porta con sé fiori di pesco, nuove mode e nuovi gadget.
Nell’Anno Domini 2015 l’oggetto di cui non si può fare a meno sembra essere il selfie stick, il bastone allungabile per farsi i selfie con maggiore agio.

Circolano già da un po’, lo so, ma fino a poco tempo fa erano ancora un prodotto di nicchia, uno sfizio per pochi eletti che noi comuni mortali ci limitavamo a osservare con perplessità. Poi, non si sa come e, soprattutto, non si sa perché, i venditori ambulanti hanno deciso che tira più un selfie stick che una cresta colorata e si sono attrezzati. Via i gadget luminosi, via i cagnolini robot, via i fazzoletti di carta che l’allergia è così old-style, e avanti con gli accendini – un sempreverde –, i caricabatterie per i cellulari e loro, i selfie stick.
Chiedere ai passanti “Scusi, potrebbe farci una foto?” è diventato out: adesso basta allungare questo coso, come una volta si faceva con l’antenna della radio, sorridere a novantaquattro denti e il gioco è fatto.

Anche perché – diciamolo – farsi un selfie in modo classico, solo con il telefonino e senza bastone, è un lavoraccio. Innanzitutto bisogna scattare ottantasei foto per averne una decente – magari con anche il fastidio di dover eliminare qualche app per liberare la memoria – e poi bisogna applicare una badilata di cerone 2.0, ovvero i filtri, per avere un aspetto degno di essere postato in rete. Bisogna smussare occhiaie, imperfezioni, baffetti che nello specchio di casa sembravano invisibili; bisogna cambiare il colorito, per dare un’idea di mare e non di alba dei morti viventi; bisogna far diventare gli occhi più blu, per invitare al tuffo. Un lavoro così minuzioso che in confronto Horatio Caine è uno sprovveduto.
E poi vogliamo parlare del tempo perso a cercare l’angolazione giusta per lo scatto? Così no perché si vede il doppio mento, così nemmeno perché sembriamo i sosia di Stewie Griffin… insomma, una pena.

Con il selfie stick – finalmente – tutto questo è storia antica. Niente più contorsioni per allungare il braccio il più possibile, niente più faccioni da luna piena, niente più imperfezioni in primo piano, ma sane inquadrature da un metro e mezzo che fanno apparire i brufoli come simpatiche lentiggini senza bisogno di Lo-Fi.
Che importa sembrare dei re che investono improbabili cavalieri con la sacra spada dell’impero; che importa sembrare degli attacchini che si sono scordati colla e manifesto; che importa sembrare cacciatori di farfalle con retini postmoderni; che importa tutto questo di fronte all’immensità di potersi fare un selfie senza dover scegliere se inquadrare il proprio zigomo sinistro o la Mela Reintegrata di Pistoletto sullo sfondo. Finalmente possiamo far vedere che siamo sempre dei fighi da paura, ma con una certa cultura.

Pensiamoci, quando ci fermerà l’ennesimo ambulante per proporci il magico bastone. Invece di trafiggerlo con lo sguardo e sciorinare banalità sul declino della società moderna, proviamo a riflettere sul fatto che sì, il selfie stick sarà anche uno strumento del male, ma potrebbe essere peggio. Molto peggio.
Potrebbe piovere, infatti, come da copione, e dal selfie stick potrebbe nascere un mini-ombrello, per proteggere il nostro prezioso telefono dalle intemperie.
E noi siamo davvero pronti a cantare Singing in the rain riprendendoci con il cellulare per dimostrare che, oltre a essere fighi e di una certa cultura, sappiamo anche ballare con la stessa grazia di Gene Kelly?