Gli uffici sono dei piccoli microcosmi all’apparenza familiari. Ma sappiamo davvero riconoscere chi ci lavora accanto, magari sotto mentite spoglie? Dario Solera ha preparato un pratico prontuario per stanare ogni lavoratore-tipo. Dopo l’insabbiatore, il delegatore, il lercio (che però, in quanto trash, è opera mia), il paraculo e il bestemmiatore, ecco il cialtrone; nella prossima puntata, il giullare.
Il cialtrone di Dario Solera(*)
Questa personalità si riconosce dalla scia di lavori mediocri che lascia dietro di sé: una sedia che traballa, una ruota ovale, una torta un po’ bruciacchiata. A differenza dell’insabbiatore, però, non ha le capacità per coprire le proprie tracce. Anzi, è convinto di non avere nulla da nascondere e che le sue competenze empiriche o aneddotali siano più che sufficienti a svolgere un buon lavoro.
Quando gli chiedi spiegazioni, il cialtrone blatera assurdità dal vago tenore stregonesco. Te lo immagini come un fabbro che a suon di martellate rende una spada resistente e affilata. Senza sapere perché la tecnica funziona pretende di spiegartelo a modo suo, in un intervallo che va dall’approssimativo al dolosamente sbagliato.
Aggiungendo danno alla beffa, una volta che ha il martello in mano inizia a prendere a martellate qualsiasi cosa: chiodi, viti, porcellana cinese del quattordicesimo secolo, le tue dita (o altre appendici sporgenti). Ed è convinto di lavorare bene.
Puoi sopravvivere al cialtrone soltanto diventando paraculo e costruendo intorno a lui un argine di burocrazia tale che neanche all’Agenzia delle Entrate saprebbero venirne fuori. Sei ancor più bravo se gli fai percepire che la burocrazia arriva da altri, oppure è necessaria “perché siamo raddoppiati di numero, quindi è giusto strutturarci di conseguenza.”
Il top di gamma è il cialtrone con tanta, tantissima voglia di lavorare, che si spara minimo 11 ore al giorno più il sabato mattina. Sì, esiste anche questo, e non è un bello spettacolo. Lo stakhanocialtrone è goffo come un giocatore di basket ubriaco: magari un punto lo segna anche, ma dato che sopravvaluta le proprie capacità psicofisiche e sottovaluta la stanchezza finisce per esultare in modo troppo entusiastico e schiantarsi contro il palo del canestro. Di faccia.
(*)Dario Solera è un milanese che “lavora coi computer”, anche se in realtà lavora con gli umani. Le macchine sono la parte facile. Gli umani invece… Fugge dalla città appena possibile e ama riferire che legge e scrive fantascienza.