‘Tra 5 minuti comincia la messa’ annuncia il chierichetto alla sala gremita, tra risate e stupore di adepti e fedeli. Prendo posto in prima fila, e solo in quel momento scopro che da ormai 3 anni ogni domenica alle ore 13 il comico ed attore Leo Bassi celebra un’omelia nella Iglesia Patologica da lui fondata a Lavapies, il quartiere radical-alternativo di Madrid, popolato soprattutto da africani. Il tempio ateo dedicato alla papera (da cui il nome, pato appunto in spagnolo) è il baluardo del Paticano,’ una vera e propria religione devota alla risata, concepita come la più alta espressione del genere umano’, recita il sito.
Fuori la chiassosa Madrid inizia l’ ennesimo domingo a suon di cañas e tapas, il sacerdote irrompe in scena benedicendo il pubblico con lo scopetto del w.c., mentre Mauro Sabbione, tra i fondatori storici dei Matia Bazar, accompagna la funzione al piano. Sulle navate, altarini dedicati alla paperella gialla, che risplende al centro nel tabernacolo. La paperella a cui rendiamo omaggio si chiama Dadù, dall’invocazione alla duda, dubbio in spagnolo. Il culto al Dio Pato, infatti, va ben oltre lo spettacolo irriverente di questo eclettico italiano infilato in un ingombrante uniforme circense: divertire fomentando lo spirito critico come alternativa al proselitismo dei rituali cattolici è la base del non-dogma che permea il Patolicismo. Perché una papera gialla galleggiante? Per scongiurare il rischio di cadere nell’idolatria, nel totalitarismo, nella superstizione o nell’intolleranza, i peccati di cui si macchiano le religioni tradizionali. Al contrario, la Iglesia Patolica difende l’ottimismo e lo spirito ludico, rivendicando la burla come atto trascendentale. ‘Non voglio adepti ma critici’ dichiara Leo Bassi spiegando al pubblico che tutto quello che si vede in sala è stato recuperato dalla pattumiera, per farne materia spirituale ‘esattamente il contrario di quanto fatto dalla Chiesa Cattolica’ sottolinea.
Contatto Leo via email per rivolgergli un paio di domande: dinnanzi al quesito di come nasce la Iglesia Patolica, sgorga un flusso libero di considerazioni: “Dopo anni lottando contro i monoteismi sono arrivato a pensare che oggigiorno si sono svuotati di qualsiasi contenuto religioso, ma sopravvivono solo per abitudine e mancanza di qualcosa di meglio. Ho quindi pensato che potevo ideare qualcosa di nuovo, senza temere il ridicolo, considerato quanto ridicolo permei le dottrine dei miei avversari. Sono profondamente convinto che la comicità abbia insita una componente sacra, per la speranza e l’amore per la vita che la compongono, senza considerare che consiste in un’ attivitá molto complessa, che chiama in causa l’ essenza piu profonda di ogni essere umano”.
Chiunque può prendere parte alla funzione, commentando e criticando, sempre e quando l’intervento venga fatto con umorismo: in caso contrario, la maledizione si scaglierà contro questi anti-paticos ai quali augura di partorire figli che voteranno Podemos. Alle sue spalle, una carrellata di personalità che hanno cambiato il corso della storia, molto più di quanto fatto da Cristo ‘che con tutti i suoi super poteri, si è limitato a trasformare l’acqua in vino, manco fosse el rey del botellon*‘: Einstein, Spinoza, Chaplin, El Greco, Miles Davis, Mae West. A ciascuno di loro è dedicata una messa che presenta il personaggio tracciando al contempo forti parallelismi con l’attualità, solo apparentemente bislacchi.
La prima messa patologica a cui assisto ricorda la figura di Carmen de Burgos, un’esponente dell’alta borghesia spagnola, costretta a sposarsi con un uomo che non amava. Correva l’anno 1901 quando decise di abbandonare il marito, destando enorme scalpore presso la famiglia che la rinnegò immediatamente. Si trasferì con il figlioletto al seguito a Madrid, dove iniziò a scrivere articoli di denuncia, diventando così una delle primissime portavoci del ruolo della donna all’interno della società, prendendo parte a riunioni del Partito Radicale e lavorando sul campo come corrispondente di guerra. ‘Colombine’, questo lo pseudonimo con cui è nota la giornalista ed attivista del Diario Universal, non avrebbe mai nascosto quanto accaduto all’Ospedale di Medici senza frontiere a Kanduz, in Afghanistan – sostiene il sacerdote Leo, che contrasta la versione ufficiale dell’errore tecnico argomentando che si sia trattato invece di un crimine di guerra, citando fonti che consulta quotidianamente e che riporta nel suo seguitissimo profilo Facebook.
Alla fine della funzione il pubblico è chiamato ad alzarsi e sbattere le ali tre volte gridando ‘qua qua qua’ per liberarsi dalla vergogna e sentirsi liberi, come i primissimi ed autentici pagliacci della storia. Figlio di generazioni di comici, Leo lascia tutti quanti a bocca aperta conducendoci nel retro dell’altare, dove una bislacca cappella votiva alla paperella gialla lascia spazio ad uno schermo bianco: parte il proiettore che trasmette un filmato in bianco e nero risalente al 1896, girato – udite, udite – dai fratelli Lumiere in persona. I due pagliacci protagonisti sono il bisnonno e lo zio di Leo, Giorgio e Giuseppe, che – ignari di fronte a quella cassetta in legno ideata dai fratelli a cui è attribuita l’invenzione del cinema – si dilettano in numeri e piroette fuori dal tendone del circo per cui lavorano. Avrebbero 167 anni se fossero ancora vivi, e si starebbero sbellicando dalle risate insieme al pubblico nel tempo madrileno del pato in occasione della messa domenicale.
*Dicesi botellon la pratica tutta iberica di acquistare alcolici in supermercati / dai pachistani e passare nottate intere all’aperto a sbronzarsi. Non importa che nevichi o il cemento cuocia sotto i 40 gradi che sfiorano le nottate d’agosto.