Si fa presto a parlare di digitale, ma tardi a comprenderne i benefici che ricadrebbero a valle sull’intero ecosistema, dapprima sociale e in secondo luogo economico.
Ancor oggi, a ridosso del 2016, scontiamo un gap culturale evidente rispetto agli altri Paesi europei. E non lo scrive solo il sottoscritto, ma lo sottolinea, soprattutto, l’ultimo Rapporto Assinform 2015 (Associazione Italiana per l’Information Technology).
L’Italia sconta un divario digitale che vede il Belpaese in coda, rispetto ai Paesi più avanzati.
La digital disruption è una sfida culturale che riguarda ognuno degli stakeholders in gioco: lo Stato, che solo in un contesto digitale può operare con efficienza, garantendo riduzione degli sprechi e ottimizzazione delle risorse; le imprese, che hanno bisogno di aumentare la propria competitività sui mercati; i cittadini, che possono sfruttare la leva del digitale, per ottenere semplificazione, trasparenza e informazioni più rapide.
In Prioritalia, Associazione che riunisce le principali federazioni manageriali italiane, i concetti di digitalizzazione sono ben chiari, poiché rappresentano le espressioni fondanti della nostra comunità.
Con Internet, è in corso una rivoluzione pervasiva, che rappresenta la condizione indispensabile per affrontare le sfide future, con lungimiranza e spirito proattivo.
Siamo il Paese con 5.000 startup e 22.000 unità operative, che presenta il più alto numero di FabLab e Coder Dojo per aiutare l’insegnamento della programmazione informatica ai bambini.
Siamo una nazione colma di menti brillanti, che sviluppano le app più innovative a livello globale (nella classifica stilata da Apple pochi giorni fa, le app sviluppate da italiani sono al vertice nel 2015), che consegue premi sull’innovazione (è italiano il miglior giovane imprenditore web europeo del 2015). Dobbiamo solo superare i nostri limiti culturali, ancor prima che strutturali.
Per farlo, serve che lo Stato metta in atto azioni concrete per superare il cosiddetto digital divide, che rappresenta un freno a mano nello sviluppo dell’intero sistema Paese.
La Pubblica Amministrazione, invece, deve attuare un radicale cambio di passo: non basta solo darle gli strumenti, bisogna cambiarla nelle fondamenta organizzative, per digitalizzarla adeguatamente. Le imprese, invece, devono innovare modelli e processi, operando sui servizi in cloud, utilizzando le tecnologie più avanzate che agevolano la trasmissione di informazioni.
Sono le tecnologie a cambiare le regole del gioco e a far compiere ad una Nazione, ma ancor prima ad una società sviluppata, quel passo in avanti, esplicabile con alcune parole chiave, che fanno parte, in piccolo, della nostra stessa Prioritalia: semplicità, accessibilità, beneficio al servizio della collettività.
Federmanager, una delle principali associazioni costituenti di Prioritalia, al proposito, è particolarmente attiva sulle tematiche legate al digitale e ha intrapreso, da mesi, un vero e proprio “road show” digitale che vedrà il culmine il 15 dicembre a Roma con un evento particolarmente attraente, inerente la digital disruption, per rivoluzionare il rapporto tra realtà industriali ed i propri clienti, riuscendo a riformulare anche i processi interni.
L’azienda media italiana ha bisogno di una trasformazione digitale per affrontare in maniera virtuosa il cammino della competitività ed il recupero dell’efficienza.
La trasformazione digitale è necessaria, non solo per aumentare le performance aziendali, ma anche per rilanciare, in termini di valore, il cosiddetto Made in Italy.
Infine, sarebbe da sciocchi osservare l’albero senza guardare a fondo la foresta: come evidenzia il Rapporto Censis, il 71% degli italiani è su Internet, con un aumento annuale costante in termini di percentuale assoluta. I Social, rappresentano i veri nuovi media, dove far transitare messaggi di valore, per costruire/migliorare/implementare la reputazione, accrescere la consapevolezza del brand e intercettare nuove forme di business.
Oggi le persone si servono sempre di più di piattaforme telematiche e di provider per entrare in contatto con i loro interlocutori o con i servizi di loro interesse, evitando l’intermediazione di altri soggetti. Si sta sviluppando una economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore da filiere produttive tradizionali in nuovi ambiti.
Come afferma un pioniere della rivoluzione digitale, l’americano James McQuivey, il progresso tecnologico e il potenziale innovativo, sono figli di processi non convenzionali che cambiano la vita delle aziende e degli individui, all’interno della società in cui vivono.
Intercettare questa opportunità, rappresenta un dovere primario per una democrazia avanzata quale la nostra.
Giusva Pulejo
Ceo NETWOPLUS e membro del board junior di Prioritalia con delega al digitale e allo sviluppo del network