Hail Cesar! ha inaugurato la Berlinale del 2016.
L’aspettativa generale era alta.
I fratelli Coen sono tra i pochi registi ancora degni di essere chiamati ‘registi.’
Il film racconta una giornata di un ‘fixer’ della Hollywood degli anni cinquanta (Eddie Mannix) alle prese con una serie di ‘emergenze’ che, come spesso succede nei film dei Coen, formano un teatro dell’assurdo.
Queste emergenze/crisi hanno a che fare con:
-un attore sequestrato,
-un’attrice single incinta,
-un regista che non sopporta una nuova stella che gli è stata imposta dalla produzione
-una giornalista desiderosa di pubblicare uno scoop sull’omossessualità di due figure note degli Studios.
Eddie non sembra troppo impressionato dalla quantità di carne al fuoco che, nel complesso, viene cotta solo a metà, lasciando molte, forse troppe cose al crudo, o non sviluppate.
Il guidizio sul film? Ci sarebbero, ad essere onesti cinque buoni motivi per non perdere Hail Cesar.
Questi includono:
1. ammirare la performance del cast scelto in modo impeccabile
2. ammirare Scarlett Johansson in costume da bagno
3. imparare come si fa una pellicola fatta ad arte
4. completare la trilogia sulla stupidita impersonificata da George Clooney
5. soppesare il peso dell’assurdo nel quotidiano.
Eppure, nonostante un cast perfetto, uno screen-writing brillante, una artigianalità senza paragoni nella realizzazione di tutti gli aspetti del film, dalle luci allo story tellying, il film non si tiene e risulta sfilacciato e inconcludente al punto da forzare lo spettatore a controllare l’ora diverse volte durante la proiezione. Spiace dirlo ma, alla fine della fiera, si ha l’impressione che si sarebbe potuto occupare meglio il proprio tempo. Un film da perdere?