Non aprite quelle porteLe 20 personalità da ufficio: l’inserviente psicopatico

Gli uffici sono dei piccoli microcosmi all’apparenza familiari. Ma sappiamo davvero riconoscere chi ci lavora accanto, magari sotto mentite spoglie? Dario Solera ha preparato un pratico prontuario ...

Gli uffici sono dei piccoli microcosmi all’apparenza familiari. Ma sappiamo davvero riconoscere chi ci lavora accanto, magari sotto mentite spoglie? Dario Solera ha preparato un pratico prontuario per stanare ogni lavoratore-tipo. Dopo l’insabbiatore, il delegatore, il lercio (che però, in quanto trash, è opera mia), il paraculo, il bestemmiatore, il cialtrone, il giullare, il catastrofista, il masochista, il veneziano, il masticatore seriale e il rompiballe, ecco l’inserviente psicopatico; nella prossima puntata, lo strizzacervelli.

L’inserviente psicopatico di Dario Solera(*)

Il tipo esatto di personalità delle persone che si occupano di tenere pulite le nostre scrivanie e i nostri bagni varia da ufficio a ufficio. Spesso sono figure interessanti e tutt’altro che banali di cui abbiamo mille esempi anche grazie alla televisione: da Willie, il bidello dei Simpson, all’inserviente senza nome di Scrubs (chiamato appunto Janitor – Inserviente).

Il caso che esaminiamo oggi è un inserviente a cui daremo il nome fittizio di Jack.

Jack è italiano – infatti per l’anagrafe è Giacomo – ma è cresciuto nei bassifondi di Brooklyn, NY, in una famiglia che gestisce una famosa catena di ristoranti. Come sia finito a fare un lavoro così modesto e per giunta in Italia, non si sa. Comunque, le sue radici d’oltreoceano fanno sì che verso le 5 del pomeriggio, quando arriva in ufficio per iniziare il giro, esordisce con “Good fucking evening everybody!” E lo fa gridando e senza curarsi del fatto che la gente sta lavorando. Ha un accento calabro-americano e snocciola fuck come se non ci fosse un domani.

E fin qui sarebbero solo note di folklore.

I problemi iniziano quando per distrazione, e in totale buona fede, ti dimentichi un bicchiere di plastica usato sulla scrivania. A quel punto Jack dà fuori di matto, sbraitando “I’m not your fucking slave! I’m not going to clean up your fucking shit!” (la traduzione è lasciata come esercizio al lettore). Se è particolarmente alterato, procede anche a rovesciare il contenuto del cestino più vicino sopra la tua scrivania. Colpirne uno per educarne cento.

L’aspetto più autentico di Jack riguarda le sue doti di sopravvivenza urbana, che pretende di insegnarti con delle dimostrazioni pratiche. È per questo che all’improvviso ti trovi con un braccio intorno al collo e qualcosa di appuntito contro la schiena, con lui che ti chiede se hai capito come devi fare. Un altro utile suggerimento che Jack può offrire è come utilizzare un coltello per mettere fuori combattimento il tuo avversario in sole due mosse. A quel punto tutto quello che puoi fare è scambiare degli sguardi di intesa coi colleghi e abbandonare l’ufficio per un improvviso appuntamento dal dentista, prima che Jack tiri fuori un AK-47 dal carrellino dei suoi attrezzi. Non per altro, è solo che sarebbe un po’ difficile spiegare al capo i fori di proiettile e gli schizzi di sangue.

Un’altra caratteristica degna di nota è che Jack ha un sacco di amiche cinesi, pronte a soddisfare ogni suo desiderio. Neanche a dirlo, è ben contento di descrivere le sue avventure con dovizia di particolari, gesti e suoni compresi.

Ma Jack è generoso. Dopo essere entrato in confidenza con te, ti chiede quand’è il tuo compleanno, così ti può portare una delle suddette amiche in ufficio come regalo. Offre lui.

È a quel punto che devi decidere cosa fare: andare fino in fondo per appurare quanto queste amiche siano effettivamente amiche, oppure ringraziare ma declinare l’offerta. Tanto in ufficio c’è sempre qualcuno che compie gli anni, no?

(*)Dario Solera è un milanese che “lavora coi computer”, anche se in realtà lavora con gli umani. Le macchine sono la parte facile. Gli umani invece… Fugge dalla città appena possibile e ama riferire che legge e scrive fantascienza.