Non aprite quelle porteLe 20 personalità da ufficio: il vecchio saggio

Gli uffici sono dei piccoli microcosmi all’apparenza familiari. Ma sappiamo davvero riconoscere chi ci lavora accanto, magari sotto mentite spoglie? Dario Solera ha preparato un pratico prontuario ...

Gli uffici sono dei piccoli microcosmi all’apparenza familiari. Ma sappiamo davvero riconoscere chi ci lavora accanto, magari sotto mentite spoglie? Dario Solera ha preparato un pratico prontuario per stanare ogni lavoratore-tipo. Dopo l’insabbiatore, il delegatore, il lercio (che però, in quanto trash, è opera mia), il paraculo, il bestemmiatore, il cialtrone, il giullare, il catastrofista, il masochista, il veneziano, il masticatore seriale, il rompiballe, l’inserviente psicopatico, lo strizzacervelli, il sovversivo, il perfezionista e il nerd, ecco il vecchio saggio; nella prossima puntata, il relitto umano.

Il vecchio saggio di Dario Solera(*)

“Gli spiriti hanno parlato”.

Manca solo questa affermazione per annoverare il vecchio saggio direttamente nella categoria degli Sciamani, perché in quanto a consigli oculati, buon senso e memoria storica non è secondo a nessuno.

In ufficio non si sa da dove provenga la saggezza che denota l’anziano membro del gruppo. Alcuni sostengono che derivi da precedenti esperienze lavorative, altri che sia innata, come un talento, altri ancora che sia il condensato di 2731 poster motivazionali.

Comunque sia, il risultato è lo stesso: il vecchio saggio dà suggerimenti utili, snocciola consigli filosofici e offre punti di vista classici ma sempreverdi, che tendono a semplificare le cose. A costo di suonare noioso, mette in luce l’ovvio, invisibile a tutti gli altri che sono troppo coinvolti nelle diatribe tra colleghi per vederlo.

Immaginiamo una sala riunioni piena di persone, con alcuni addirittura in piedi negli angoli. Gli esemplari più deboli del branco (di pecore?), dopo 6 ore di riunione ininterrotta, iniziano ad accusare mancamenti. Si soffoca e il boccione d’acqua è vuoto. E il colore di quel maledetto pulsante non è ancora stato deciso.

“Facciamolo rosso” dice Carlo.

“No, allora è meglio amaranto” ribatte Simona.

“Amaranto è troppo acceso, molto meglio rosso pesca!” esclama Ernesto.

“Avevamo già escluso il rosso pesca, però!” protesta Simona.

Il vecchio saggio, rimasto in silenzio fino ad allora a godersi lo spettacolo (e a inviare qualche centinaio di email dal suo smartphone – non ha mica tempo da perdere, lui), prende finalmente la parola: “Scusate, forse non ho capito nulla io, ma non possiamo fare tutti i pulsanti dello stesso colore? Magari evitiamo anche di far sembrare la schermata un albero di Natale”.

Per qualche secondo il tempo si ferma. Tutti lo fissano a bocca aperta e persino fuori dalla sala riunioni gli altri avvertono che, non lontano, è successo qualcosa di speciale. Non sanno spiegarsi cosa, lo percepiscono e basta.

Comincia uno, poi un altro, infine tutti quanti esplodono in un applauso collettivo.

Decisione presa, meeting aggiornato.

Però, il passo tra essere un utile vecchio saggio e diventare un dannoso rombiballe, praticando il cosiddetto management by slogan, è molto breve. Il punto è che, come le idee, i consigli vengono 10 centesimi alla tonnellata se non c’è anche un piano d’azione incluso nella confezione. Un po’ come un mobile IKEA senza istruzioni di montaggio: i pezzi ci sono, le viti e l’immancabile brugola pure, ma anche se sembra banale, il risultato finale sarà un accrocchio inservibile. Specie se hai un saggio che ti continua a ripetere che devi “montare il mobile come tutti gli altri che hai in casa”. Seguendo il consiglio, alla fine ti trovi con uno scaffale coi ripiani imbottiti montato dentro la lavastoviglie.

Meglio allora che il vecchio saggio vada a fumarsi un’altra pipa in cerca di ispirazione. O di suggerimenti degli spiriti.

(*)Dario Solera è un milanese che “lavora coi computer”, anche se in realtà lavora con gli umani. Le macchine sono la parte facile. Gli umani invece… Fugge dalla città appena possibile e ama riferire che legge e scrive fantascienza.