Buona e mala politicaI tre Magi (Francesco, Bartolomeo, Ieronymus) a Lesbo. Fine della deresponsabilizzazione

Ciò che ho scritto e immaginato nei giorni scorsi – spostandomi (nella mission ricognitiva che sto conducendo sul rapporto tra migrazioni e comunicazioni, sia quelle dirette sia quelle mediatiche...

Ciò che ho scritto e immaginato nei giorni scorsi – spostandomi (nella mission ricognitiva che sto conducendo sul rapporto tra migrazioni e comunicazioni, sia quelle dirette sia quelle mediatiche) dalla frontiera turco-siriana (Gaziantep) alla frontiera turco-greca (Lesbos) – è in linea, ma per difetto di intensità, rispetto al carattere forte e altamente simbolico che ha assunto la presenza di papa Francesco sull’isola greca.

La Grecia ha ricevuto 850 mila rifugiati nel 2015 e circa 150 mila nei primi tre mesi del 2016. Il 10% della popolazione residente. L’Italia (con Lampedusa in avanscoperta, ma anche con altri punti di attracco) è attorno al 7% della popolazione residente. L’intera Europa – che comprende la Germania che non si è tirata indietro rispetto alle varie ondate migratorie (salvo ultime reticenze) – è sul dato medio dello 0,4%.

Sta tutto in questi dati l’assurdo e insensato insuccesso della proposta italiana e greca, pur sostenuta dalla Merkel, di impegnare la UE nella partita di accoglienza gestendo tutti di intesa la “rilocation”.

Sta tutto in questi dati l’isolamento della questione umanitaria posta tuttavia ora come tema globale di una agenda che prima o poi troverà interpreti all’altezza del tema.

E sta tutta in questi dati la filosofia apparentemente solo umanitaria o solo liturgico-ecumenica-simbolica adottata da Francesco (cattolico), Ieronymus (greco-ortodosso) e Bartolomeo (primate di Costantinopolis, dunque cittadino turco) – una sorta di re Magi simboli del servizio alla vita – che, al di là del patto UE-turco per la mercificazione della gestione dei rifugiati (di cui non hanno mai parlato formalmente), rimette in movimento il diritto politico di proposta tra Stati che si erano arresi di fronte alla deriva della ragione.

Perché è deriva della ragione non ricordare che la stessa Europa si è costituita, trasformata, consolidata soprattutto nel quadro di dolorose migrazioni.

Papa Francesco ha dimostrato di essere in dialogo politico con l’Europa e con il mondo, dicendo che “dobbiamo comprendere le paure dei popoli” e quindi proponendo la cultura della “prudenza” per promuovere l’accoglienza. Così respingendo al mittente ogni critica di demagogia. Un passaggio importante per uscire dalla polarizzazione (integrazione/xenofobia), accettando i tempi dell’assimilazione delle politiche, ma con punti fermi che sono quelli del moderno diritto umanitario e di connesse procedure di cooperazione.

Tutti e tre i leader religiosi hanno rimesso l’orologio della geopolitica europea in equilibrio rispetto alla prova di umanità dei popoli e dei paesi del sud (Grecia e Italia soprattutto), con molti riferimenti espliciti, compresi i ringraziamenti ufficiali del Papa nel “resoconto” romano dell’Angelus.

I “muri” sono stati condannati, ai trafficanti di esseri umani e di armi sono state riservate le parole più dure, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (il soggetto più sconfitto dall’accordo UE-Turchia) è stata rilegittimata a svolgere la necessaria regia. Anche questi non sono solo aspetti liturgici o caritatevoli, ma espressioni di chi conosce il contenuto politico e negoziale che sta sul tavolo dei governi.

Vediamo ora se la proposta italiana di un “migration compact” (i punti già annunciati dovrebbero essere posti in settimana nella discussione inter-governativa a Bruxelles) riaprirà l’agenda che la parte prevalente dei governi della UE pensava “sospesa a divinis”. Si tratta di misure che ruotano attorno ad una cooperazione più forte e unitaria con i paesi d’origine, ma anche attorno al ritorno della migliore collaborazione con le agenzie internazionali e solidali e attorno alla lotta ai trafficanti. Non modificherebbero condizioni all’istante ma attiverebbero un clima di investimenti strategici per il medio termine, cancellando l’idea che l’accordo con la Turchia significa deresponsabilizzazione (esattamente il punto che ha fatto scattare la missione dei tre leader religiosi).

Aggiungo una foto tra le tante da me scattate pochi giorni fa a Lesbos. Si riferisce al campo Kara Tepe (quello in migliori condizioni, da cui provengono le tre famiglie siriane musulmane “con i documenti a posto” che il Papa ha portato a Roma con un forte gesto dimostrativo) e riguarda l’arrivo di una famiglia (nel caso pakistana) in condizioni di fortuna. Aggiungerò su FB altre due foto che si riferiscono al campo di Moria, quello che il Papa ha visitato e in cui i rifugiati erano arrivati per smistamento e che, scattato l’accordo, è stato chiuso con il filo spinato, bloccando i presenti, sommando 3000 presenze in condizioni materiali e psicologiche molto difficili.

Ai primi di maggio andrò a Bruxelles per incontrare alcuni alti funzionari responsabili di questo dossier.

Poi comincerò la stesura del mio rapporto di analisi su “migrazioni, media e comunicazioni”.

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