Non pensavo di dover difendere Il Giornale – che di solito non compro – per l’operazione editoriale di domenica, che consiste nell’aver allegato al libro di William L. Shirer Hitler e il Terzo Reich la copia anastatica della terza edizione italiana del Mein Kampf (Bompiani, Milano, 1937), contenente la seconda parte del volume originale tedesco, il tutto al prezzo di 11 euro e cinquanta. Il battage pubblicitario, semmai che strillava della gratuità del libro col quotidiano, e l’opportunità di pubblicarlo in un periodo elettorale, sono criticabili.
Ma il punto vero non è nemmeno il fatto che si sia rimesso in circolazione un libro oggettivamente mostruoso e bandito dalla lettura e dal discorso pubblico italiano. Innanzitutto il testo è facilmente reperibile in rete, e acquistabile sui siti on line di vendita libri, ma soprattutto è recentemente uscita in Germania una edizione critica corposa, con apparati e note storiche, che semmai andava più adeguatamente segnalata da Il Giornale, se proprio si voleva fare un’operazione storicamente corretta. Operazione quella tedesca, veramente coraggiosa, ma di ben altra levatura culturale. E sarebbe auspicabile che qualche casa editrice italiana seria lo traduca e lo metta a disposizione del pubblico italiano. La rimozione non giova, nè giova la posizione di chi dice: si tratta solo del delirio di un folle. Innanzitutto perchè la più avveduta storiografia ha compreso che occorre studiare quelle idee per comprendere come esse abbiano potuto incidere in quel contesto storico per aiutare il consenso all’hilterismo, ma soprattutto perchè lo schema logico retrostante a quelle idee, la mentalità complottista e la ricerca del caproespiatorio, sono pericoli reali ancora oggi, purtroppo.
Il punto non è tanto– anche se non è poco ricordarlo – il fatto che chi si professa liberale non censura o bandisce i libri, non ne vieta la lettura, non si scandalizza se essi siano letti Il punto inizia a partire esattamente da qui: quanto si ha fiducia nello spirito critico dei lettori. La presunzione di ignoranza, e l’idea che i lettori siano tutti “analfabeti funzionali”, incapaci di comprendere, è segno non solo di un non rispetto da parte delle cosiddette elites verso “le masse”, ma soprattutto di una paura del diritto alla conoscenza”, che è il fondamento dell’ethos democratico. Se io, insegnante, spiego il nazionalsocialismo a scuola, devo necessariamente far leggere brani tratti da questo come da altri documenti storici, proprio per far prendere coscienza dei contenuti e della – aimè – coerenza di essi con la pratica totalitaria e genocidaria del nazismo. Se non lo facessi, analogamente a quanto faccio con i testi dell’inquisizione, o con i documenti della Russia Sovietica o del Fascismo italiano, etc. il mio insegnamento ne risulterebbe impoverito, limitandosi a ripetere giudizi che l’opinione pubblica ha per fortuna assimilato, e quando non l’avesse fatto, proprio allora sarei chiamato a contrastare col mio insegnamento.
Il livello del discorso pubblico sulla storia del Novecento, nel nostro Paese, è quanto mai povero. Per non parlare del livello penoso in cui si concreta l’uso politico della divulgazione storica da parte del mondo politico e giornalistico, e che poi precipita miserevolmente nella chiacchiera e nella battuta da social.
Il populismo che circola ampliamente, la mentalità complottista e la ricerca di capri espiatori, e la semplificazione nell’analisi politica, connessa alla crisi economica, e alle pulsioni identitarie e neo scioviniste, sono elementi che rendono estremamente necessario lo studio delle origini dei totalitarismi novecenteschi, e soprattutto del “pensiero” di Hitler. La conoscenza funziona da antidoto. Se non scommettiamo su questo, tanto vale cessare di lottare contro le ideologie pericolose e il male storico. Il testo di Hitler è un autentico concentrato di metalità complottista (in gran parte tributario del milieu Völkish circolante nella Germania degli anni venti)
Il diritto alla conoscenza va ampliato, non ristretto, per questo il confronto con i documenti pericolosi della storia si rende necessario. Avendo fiducia nel buon senso (critico) dei cittadini, e non trattandoli sempre da minorenni.
Nella sale cinematografiche è possibile vedere un film che attraverso il registro satirico e paradossale fa i conti con la figura di Hitler e con le sue idee, dando a pensare circa la pericolosa analogia tra il contesto storico dei tardi anni venti e quello dell’Europa attuale. Operazione coraggiosa, e molto educativa. Mi sono chiesto, vedendolo, se in Italia sarebbe possibile fare un’analoga operazione per quanto riguarda la figura di Mussolini. Chissà se c’è qualcuno che ci sta pensando. Certo ci vuole coraggio. Così come ce ne vuole per scrivere queste semplici cose su un blog. Me ne sono reso conto dai commenti in privato dei miei amici. Ma non solo…