Lo scorso sabato 26 novembre si è ripetuta per la ventesima volta in Italia la Giornata della Colletta Alimentare: migliaia di volontari in tutta Italia si sono mobilitati per stare davanti ai 12mila punti vendita che aderivano all’iniziativa annuale del Banco Alimentare, per accogliere, inscatolare e inviare ai punti di raccoolta ben 8.500 tonnellate di cibo donato da chi fa la spesa quel giorno e destinato a chi ne ha bisogno. Un esercito di “sacchetti gialli” (la pettorina dei volontari è un sacchetto della spesa), tra i quali immigrati, universitari, bambini di ogni età, alpini, perosne normali e speciali… (perché alla fine, chi può definirsi “normale”?). Una giornata talmente bella e piena di storie, che non ci si stanca mai di scoprire quanto la gratuità faccia bene non solo a chi la riceve, ma prima di tutto a chi la fa!
Un gesto di totale gratuità che va avanti da venti anni senza defaillances, e che ha generato il “metodo dei banchi”, fino ad estendersi a far nascere realtà simili anche in altri settori. Se tutti conoscono il Banco Alimentare, forse non tutti sanno che esiste la stessa cosa anche per l’edilizia, e si chiama Banco Building.
Nel lunedì del “dopo #colletta16” abbiamo pertanto incontrato Silvio Pasero, suo ideatore e punto di riferimento, per fargli alcune domande “da muratori appassionati”.
1. Cos’è banco building e come opera?
Banco Building è una onlus che da 7 anni applica il “metodo banchi” a edilizia, arredamento, tessili e a ogni bene non deperibile (macchinari, attrezzature, ecc). Il nostro banco opera in totale gratuità e come mission ha quella di mettere in contatto le esigenze delle opere di carità (onlus ed enti senza scopo di lucro) con aziende che invece devono dismettere materiali: invenduti, seconde scelte, campionari, code di produzione, prodotti non più vendibili, ecc. Noi non abbiamo un metro quadrato di magazzino: operiamo just in time. Cioè svolgiamo un lavoro di matching gratuito tra le due esigenze: i ritiri vengono effettuati (di norma) dalle opere richiedenti direttamente nei locali dell’azienda offerente e con costi ad esclusivo carico dell’opera richiedente. Questa è una nostra specificità di cui siamo fieri: ciò garantisce una tracciabilità permanente e continua sull’utilizzo dei beni. Non vogliamo ci sia il minimo dubbio sulla destinazione dei prodotti. In questo modo chi dona, dona gratis e sa a chi dona. Da ultimo segnalo che nel nostro statuto sono tassativamente vietate relazioni con i privati. Vogliamo solo rapporti di cui vi sia tracciabilità: eventuali segnalazioni da parte di privati (sia di donazioni che di richieste) possono essere gestite più efficacemente dalle Caritas o altre realtà locali che sosteniamo e con cui collaboriamo quotidianamente (e che non intendiamo sostituire).
2. Creare un circolo virtuoso di riutilizzo del materiale edile è conveniente? Si può parlare di circolarità edilizia?
Innanzi tutto credo che nessun imprenditore desideri che il frutto del proprio lavoro vada distrutto ma che esso in qualche modo possa essere utile. Ad ogni modo oltre a questo aspetto (non marginale), nei ns contatti con le aziende mettiamo sempre in evidenza che collaborare con noi conviene perchè:
– risolvono i problemi di magazzino a costo zero;
– azzerano i costi di trasporto e smaltimento alle discariche;
– godono di tutta una serie di vantaggi fiscali (deduzione dal reddito, esenzione IVA, eliminazione delle poste dalle rimanenze finali, ecc.);
– possibilità di evidenziare l’operazione in tema di RSI (Responsabilità sociale d’impresa).
Ma anche per la collettività ci sono vantaggi: limitazione del consumo di risorse, riduzione dell’impatto ambientale ma – ripeto – soprattutto si evita che il frutto del lavoro umano vada sprecato. Questo è un valore che va al di là di ogni posizione religiosa o ideale. Potrei raccontare molti episodi in tal senso.
3. Ce ne racconti qualcuno…
Fu la prima operazione importante a farmelo capire. Accade che un curatore fallimentare viene a conoscenza della ns recente costituzione e ci interpellò subito per un’emergenza. Hanno bisogno di liberare un magazzino con circa 15.000mq di piastrelle in pochi giorni. Se diamo garanzia che in 3 giorni liberiamo tutto, il giudice ci autorizza a ritirare tutto. Garantiamo che ce la facciamo. Con qualche problema (il magazziniere del donatore si rifiuta di collaborare e il titolare è costretto a manovrare lui il muletto),ce la facciamo… Ciò che preme raccontare è ciò che per altri è un dettaglio . Mentre il donatore “fallito” con il muletto caricava i camion, io spiegavo la destinazione “Questo camion va in Burkina Faso alla missione della Sacra Famiglia, questo va in Italia alla Casa di accoglienza…..” e vedo delle gocce sul suo volto. Poiché pioveva non capivo se era la pioggia o altro (lacrime?). Lui rispose “ In questo fallimento io ho perso tutto, avevo dato in garanzia alle banche anche la mia casa perché ero certo che il creditore maggiore mi avrebbe pagato, era un amico con cui abbiamo iniziato l’attività insieme: lui come costruttore, io come fornitore.. .ora non ho più niente. Ma se devo trovare un senso a quello che è accaduto… ora ce l’ho davanti. Almeno il mio sacrificio, la mia disgrazia non è stata invano…”. Drammatico. Non dirò mai che è stato bello. Ma ho visto l’onestà dell’uomo e la Grazia operare insieme. Non tutto è bene ma “tutto coopera al bene di coloro che amano Cristo.” Oppure – visto che siete in Toscana – un’operazione che ha avuto origine nella vs terra. Un grossista di Grosseto (embè! anche a Grosseto ci sono i grossisti!) aveva venduto 400mq di marmo di Carrara a un vip di Manhattan (privacy) che doveva ristrutturare casa. Ma nel frattempo la moglie era cambiata e alla nuova compagna il marmo non piaceva! Così venne rispedito a Grosseto. Poiché il materiale era già stato pagato, il commerciante (dal cuore grande) ce lo offrì in dono. Dato che in Toscana c’è il monastero delle suore trappiste di Valserena pensammo di offrirlo a loro, così il trasporto sarebbe costato poco. La madre badessa accettò e noi pensavamo: “Operazione chiusa”. Errore! La badessa … decise di non usarlo lì. Il loro ordine aveva un monastero in Congo e – dato che era appena finita la guerra civile – le consorelle volevano costruire una chiesa, proprio di circa 400mq! E fu così che il marmo, venduto dal grossista di Grosseto, scartato a New York, tornato in Italia e donato a Valserena (perché il trasporto costava poco) finì… in Congo! Un giorno, magari tra mille anni, qualcuno dirà: “Questi erano matti a spendere tutti questi soldi per del marmo di Carrara in una chiesa nella jungla!”. Ma c’è un ulteriore sviluppo: il grossista di Grosseto, all’inizio per prendere tutti gli accordi, poi per amicizia, era diventato un frequentatore assiduo del convento. Ma accade che il suo grande cuore cede di schianto e il ns amico muore di infarto. Ora tutte le suore di Valserena e del Congo pregano per il grossista di Grosseto.
4. Come, in tempi di crisi dell’edilizia, la gratuità può rivelarsi un bene per l’impresa?
Non lo so. Io penso che le aziende devono fare profit. Se non fanno profit come fanno a fare no profit? Quello che possono fare tutti – però – è evitare lo spreco. Questo educa ad alzare lo sguardo e a guardare a chi ha bisogno. Se noi avessimo a disposizione tutto lo spreco dell’Italia saremmo già a cavallo!