Lo ammetto: c’è stato un tempo in cui la polemica legata ai fischi dei tifosi agli inni avversari mi interessava più o meno quanto la riproduzione dei lepidotteri, con tutto il mio rispetto all’ordine di insetti olometaboli al quale appartengono. Mi sembrava più che altro la solita questione un po’ pelosa, con la quale amiamo riempirci la bocca quando non sappiamo che dire.
Se però errare è umano, perseverare lo sapete com’è. Era già successo nell’amichevole di settembre contro la Francia. E in un San Siro non pieno ma comunque capace di chiamare a raccolta circa45mila spettarori, anche ieri sera ci siamo dovuti sorbire i fischi all’inno tedesco, oltre ai cori “oooohhh merda!” infilati ad ogni rinvio del portiere tedesco. E ancora una volta, in occasione dell’inno, abbiamo costretto il capitano della nostra nazionale a reagire, con un applauso. La cosa mi ha ricordato quello che in fondo siamo noi italiani: un popolo che ha bisogno di essere obbligato a rispettare le regole, che devono esserci imposte quando il buon senso dovrebbe arrivarci al loro posto. Una su tutte: la legge che ci obbliga a mettere il casco o la cintura, se no col cazzo che pensiamo alla nostra sicurezza. Ma basta anche vedere tutte le leggi e i divieti che vengono imposti ai tifosi negli stadi italiani, con tutte le difficoltà del caso.
Forse sto divagando, forse no. Il tema è: perché ci ostiniamo a fischiare gli inni stranieri, o a buttare cori di scherno? Penso a tutti quelli che conosco che ieri sera sono andati allo stadio portandosi per la prima volta il proprio figlio o figlia. Magari ai ragazzini sembrerà una figata urlare “merda” al portiere avversario, o coprire di sonori fischi gli inni di quelli che sono di fatto ospiti in uno stadio italiano. E se pensate sia un’esagerazione, ricordatevi di quando allo Juventus Stadium, per il match interno con l’Udinese con la curva prima chiusa per razzismo e poi riaperta ai più giovani. Il risultato? Una bella multa da 5mila euro alla Juve “per avere suoi (giovanissimi…) sostenitori rivolto ripetutamente ad un calciatore della squadra avversaria un coro ingiurioso”. Insomma, quando il portiere dell’Udinese andava al rinvio, partivano il coro “merda”.
Non è buonista allora affermare che sì, quando si va allo stadio si deve dare il buon esempio. E che il problema sta a monte. In questo caso, siamo d’accordo con la Gazzetta dello Sport, quando il suo vicedirettore si pone la giusta domanda: Perchè questa inutile rabbia?