Riconteggio in America: e se arrivasse il colpo di scena?

Andate su Twitter e sulla barra di ricerca cercate #AudittheVote. Troverete un fatastilione di tweet di elettori americani che chiedono, in modo più o meno composto, una verifica sui voti negli sw...

Andate su Twitter e sulla barra di ricerca cercate #AudittheVote.

Troverete un fatastilione di tweet di elettori americani che chiedono, in modo più o meno composto, una verifica sui voti negli swing states vinti da Trump ( il che significa tutti, visto che Hillary non l’ha spuntata in nessuno) e che sostengono di avere fondati sospetti sul fatto che ci siano stati brogli e che le elezioni USA siano state attaccate da hacker.

Boh. A guardarli così sembravano più i deliri di un branco di ‘delusional’, ossia gente che non si vuole arrendere all’evidenza e si balocca in complicate teorie del complotto, ma poi, stanotte, verso l’una sul New York Magazine è uscita un’esclusiva ( poi ripresa da tutti, qui, in originale) che dice che “un gruppo di eminenti informatici e avvocati sta facendo pressione su Hillary Clinton perché chieda un riconteggio dal momento che sono convinti di avere le prove che in Wisconsin, Michigan, and Pennsylvania i risultati potrebbero essere stati manipolati o alterati da Hacker”.

E’ vero? Non è vero?

Non si sa.

Ma ci sono alcune cose che vale la pena mettere in ordine:

La prima:

I tizi di #AudittheVote su Twitter nell 90% dei casi si limitano a esortare chi la pensa come loro a chiamare e a scrivere senza sosta al Dipartimento di Giustizia chiedendo non un riconteggio vero e proprio ma un audit cioè una verifica a campione di alcuni seggi: se dalla verifica risulta tutto a posto si conferma il risultato precedente, se dalla verifica risultano errori e anomalie, allora si può chiedere il riconteggio.

(è spiegato molto bene qui: http://www.usatoday.com/story/opinion/2016/11/18/election-audit-paper-machines-column/93803752/)

La seconda:

Mentre i tizi di Twitter si stanno dando da fare a chiedere il riconteggio c’è solo una persona non lo ha ancora chiesto: Hillary Clinton.
Il che è strano, visto che, tra l’altro, in teoria, sarebbe l’unica veramente titolata a farlo.

Se non lo ha ancora fatto (opinione mia) le ragioni possibili sono due: o sa che è tutto una fuffa, e che i dati sono giusti e che, non c’è niente da fare, lei ha proprio perso.
Oppure ha qualche sostanziale evidenza che un audit potrebbe portarle giovamento e allora, con i suoi, tiene le carte alte fino all’ultimo momento. Sarebbe da Hillary, che insomma, fa quello che ha sempre fatto: studia e fa i compiti a casa.

La terza:

Perché questa gente chiede il riconteggio e/o l’audit? Che cosa non torna?

La prima ragione per cui si stanno aleggiando sospetti sul voto è che la discrepanza tra sondaggi- exit polls- e risultati è troppo grande.

Va al di là del margine di errore e sfocia dritta nella cantonata madornale.

Il che oggi, non succede più.

Oggi i sondaggi, almeno a quel livello, non sono fatti da sgarrupati call center da cui si telefona alla gente chiedendo “Ciao. Cosa voti?”. No. Oggi la faccenda è più complicata: ci sono i big data, il sentiment, i social network, i modelli previsionali. Che tutti i sondaggi dei sondaggisti più importanti del mondo abbiano sbagliato, così tanto e così tutti, sul sondaggio più importante del mondo è quanto meno strano.

Una cosa è il margine di errore, un’altra la cantonata. E quella è gente che cantonate non ne prende.

In Wisconsin, per esempio, Hillary era data dai sondaggi a +8. Alla fine ha vinto Trump con + 1. In tutto fa un errore di 9 punti. Tanto.

Troppo anche ammettendo che i sondaggisti siano dei cialtroni.

Un’altra cosa che non torna è il margine di differenza tra Hillary e Trump negli swing states: circa 100 mila voti in tutto (una differenza di circa 27 mila voti in Wisconsin, 11 mila il Michigan -dove però si sta ancora contando- e 68 mila in Pennsylvania) che non è coerente con la valanga di voti che, su base nazionale, ha preso Hillary.

Ad oggi (ma i conteggi andranno avanti fino a dicembre) Hillary ha circa 2 milioni di voti in più di Trump ed è il secondo candidato più votato dopo l’Obama del 2008.

Questo è un punto interessante: Hillary ha stravinto negli stati ‘sicuri’ (il che è piuttosto normale in America dove la politica è ben polarizzata) ma ha perso, e per un soffio, solo dove proprio non poteva perdere. Come se una febbre pro-Hillary avesse contagiato tutti tranne chi era veramente indispensabile per vincere queste elezioni. Buffo

Poi.

Poi ci sono alcuni pasticci veri o presunti simili a quelli che avevamo già visto nel 2000 nella questione Bush/Gore, tipo che le macchine per il voto della Pennsylvania funzionano poco e male (qui un articolo dell’L.A. Times, se volete farvi prendere dal panico) o che le macchine per il voto non è che siano proprio impenetrabili da hacker e tracotanti vari (qui lo spiega Politico). Ma non è tutto: le teorie più o meno complottare e più o meno strampalate si sprecano: c’è chi sostiene che dalle liste elettorali siano stati tolti i nomi di neri e latinos (come questa, veramente macchinosa) così come c’è chi dice che Clinton sarebbe andata sospettosamente bene nelle circoscrizioni in cui vota con carta e penna, e sospettosamente male in quel in cui il voto è elettronico (qui).

Non lo so. Nel dubbio però, facciamo che #AudittheVote, va.

@lucianabig

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