Bersani ‘lovva’ Grillo. Ovvero l’eterno ritorno del comunista velleitario

L’intervista rilasciata ieri da Pierluigi Bersani, esponente del neonato Mdp, a Francesco Verderami, giornalista del Corriere della Sera, è sintomatica. Non tanto perché rivela i ‘sintomi’ di una ...

L’intervista rilasciata ieri da Pierluigi Bersani, esponente del neonato Mdp, a Francesco Verderami, giornalista del Corriere della Sera, è sintomatica.

Non tanto perché rivela i ‘sintomi’ di una presunta regressione dell’ex segretario del Pd. In fondo trattasi di un ragionamento politico, che meriterebbe di essere preso sul serio, dando per scontata la totale buona fede e la piena capacità di intendere del protagonista.

L’intervista è sintomatica, piuttosto, di alcuni ricorrenti tic della cultura post comunista che contribuiscono ad alimentare la cattiva reputazione di una sinistra sconclusionata.

Il primo tic riguarda l’analisi politologica.

Secondo Bersani, il M5S rappresenterebbe il ‘nuovo centro’. L’affermazione non è completamente priva di fondamento. Non c’è dubbio, intanto, che il M5S sia diventato ‘centrale’ nel dibattito politico. I grillini sono riusciti – con il concorso attivo e la spinta entusiasta del duopolio televisivo e dei giornaloni della borghesia italiana – ad egemonizzare il dibattito pubblico. Peraltro, ci sarebbe tanto di gramsciano nel rilevare il ruolo eversivo e anti-intellettuale di una certa borghesia italiota, insofferente alla democrazia rappresentativa.

Bersani, tuttavia, contraddice questa opzione analitica nel momento in cui attribuisce al Movimento un ruolo di argine al populismo e al nazionalismo di destra (la cosiddetta ‘robaccia’ che verrebbe fuori se il M5S si indebolisse). La conseguenza è che, per Bersani, il Movimento rappresenti qualcosa di molto meno distante dalla sinistra di quanto possano essere, per esempio, Lega e Fratelli d’Italia. Anche qui c’è qualcosa di vero, in fondo, perché tutte le analisi scientifiche realizzate sull’elettorato e sugli eletti del M5S ci spiegano che il peso del voto e della cultura di sinistra nel mondo grillino è notevole. Basti pensare che Rodotà fu il candidato scelto dai grillini per la Presidenza della Repubblica. E che il Movimento ha finora goduto dell’apprezzamento e del sostegno di tanta intellighenzia radical chic, a partire dai Montanari e dai Flores d’Arcais del circolo micromegano.

In realtà, il quadro appena delineato – espressivo della confusione di idee e di culture che alberga nei Cinque Stelle – sarebbe già sufficiente per tenersene alla larga.

Ma non basta. In più, c’è l’ulteriore aggravio che ben conosciamo: il moralismo incompetente, il giustizialismo a senso unico, la petulante canizza quotidiana contro la democrazia rappresentativa, e via elencando. Davvero non si capisce come possa trovare argomenti di confronto con tutto ciò – specie dopo averne fatto esperienza a sue spese – un personaggio come Pierluigi Bersani, ovvero un compassato funzionario del ceto politico più ordinato e conformista della storia italiana quale quello di scuola Pci.

Ma la politica è una scienza tutta originale, nella quale non si può escludere nulla. E qui arriva il secondo tic. Vedendo nel M5S il nuovo centro, Bersani immagina forse un ‘compromesso storico’, capace di riprodurre il tentativo berlingueriano di intese con i ceti moderati. Disegno quantomeno ardito: ricordiamo la cinica melassa democristiana lontana anni luce dal trombonismo dei parvenu pentastellati e oggi il MDP rispetto al Pci appare come una compagnia di teatranti assai sgangherati.

C’è un altro schema possibile di alleanza, però, se seguiamo il ragionamento di Bersani. Da una parte, la sinistra ‘vera’, con l’ex ministro nel ruolo dell’ulivista da combattimento. Dall’altra, una sinistra ‘irregolare’ ma genuina, con Grillo nel ruolo del rivoluzionario che accetta il dialogo. Insieme contro le destre renziane e berlusconiane, si riproduce lo schema tradizionale – quello dell’unità delle sinistre – capace di smussare gli spigoli del populismo: è lo schema preferito del comunista velleitario, valido in ogni situazione, dal Manifesto del ’48 in poi.

Com’è che nessuno ci ha mai pensato ancora, in Italia e in Europa? In fondo sarebbe così facile. Hamon che si allea con Le Pen in Francia. Corbyn che si allea con Farage nel Regno Unito. Miguel Gotor che andrà ai convegni a braccetto con Geert Wilders. Ma sì, dai. Come si diceva un tempo: “La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!”

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