In pochi avrebbero pronosticato sette reti all’Atalanta, sebbene molti speravano di farne altrettante a una squadra allenata da Gasperini. Il tema di Inter-Atalanta però non è tanto il risultato – eclatante, certo -, ma come questo è maturato. Conta quindi il contesto. A San Siro l’Atalanta è arrivata guardando l’Inter dall’alto, messa meglio in classifica e con giuste ambizioni d’Europa. I nerazzurri di Milano sono a caccia del ritorno in Champions League, che manca ormai da troppo tempo: un toccasana per l’ambiente e per i conti, sarebbe rientrare nel torneo di calcio per club più ricco al mondo, a meno che non si vogliano escludere dal conto i 6 milioni di dollari ciascuno che Real e Barcellona si intascheranno per giocare un Clasico negli Usa a fine luglio. Ma questa è un’altra storia.
Il contesto, dicevamo. Stefano Pioli è arrivato all’Inter con la fama di normalizzatore. Una fama che era in fondo anche una speranza: mettere calma e ordine in un ambiente definito “pazzo” e nel quale, dal ritiro estivo a novembre, si erano già verificati due cambi di panchina più un cambio di proprietà. Se il suo predecessore De Boer si è gettato nell’impresa a testa bassa, cercando di affibiare subito all’Inter un’identità precisa di gioco (il 4-3-3 con baricentro medio-alto), Pioli in questi mesi si è assunto un rischio che un “normalizzatore” non farebbe: ha cercato un’identità non a tavolino, ma sul campo. Fermo restando come abbiamo già scritto che l’olandese non ha avuto grosse colpe, se non quella di allenare in un contesto a lui sconosciuto, Pioli conosce bene la Serie A. Questo non gli ha evitato si sbagliare in alcune occasioni, si pensi soprattutto alla partita preparata in casa contro la Roma e persa 1-3: se Nainggolan da una parte ha giocato una grande gara, lo stesso non si può dire dell’Inter, compressa in un modulo e nella posizione di alcuni giocatori (Perisic su tutti) non adatti al ruolo scelto dall’allenatore.
Gli esperimenti sul campo hanno per ora però prodotto risultati, se si amplia la prospettiva dalla quale si osserva il lavoro del tecnico emiliano. Guardando la classifica, nella zona che conduce all’Europa l’Inter è l’unica squadra presente nonostante abbia cambiato tecnico. E se si osservano nel dettaglio le ultime due gare, l’Inter ha segnato 12 volte tra Cagliari (5-1) e Atalanta (7-1). In entrambe le occasioni, Pioli ha scelto di scendere in campo con il 4-2-3-1, rispolverando Banega dietro l’unica punta Icardi e con Candreva-Perisic sulle fasce e Gagliardini-Kondogbia vertici bassi.
Banega è stato considerato il maggior artefice dei due successi. Se si guardano le sue due ultime prestazioni, si può notare come l’argentino abbia agito come perno del gioco a tutto campo, smistando la palla sulle fasce e creando occasioni (frecce azzurre) e gol (frecce gialle, due punizioni comprese) al centro. Il primo schema è quello relativo alla partita di Cagliari, il secondo quello contro l’Atalanta:
L’innesto di Banega non è però l’unica giusta intuizione. Perché Pioli potrebbe finalmente aver trovato la coppia giusta di vertici bassi al centro del campo. Dopo alcuni tentativi, la coppia formata da Kondogbia e Gagliardini sembra quella giusta.
Anche qui, due schemi ci vengono in aiuto per capire le loro prestazioni a tutto campo. La prima è di Gagliardini contro il Cagliari, la seconda di Kondogbia contro l’Atalanta. Nel secondo caso, è interessante notare come il francese abbia subito tre falli (i triangolini bianchi) in tre zone del campo differenti, anche lontane tra loro, a sostegno della sua gara giocata ad ampio raggio.
La gara contro l’Atalanta è stata vinta grazie anche ad un approccio da parte degli ospiti troppo alto come baricentro. Non vogliamo togliere nulla ai meriti stagionali di Gasperini, ovviamente. I bergamaschi sono scesi in campo creando un’occasione all’ottavo minuto nella quale si è vista l’abilità della squadra di giocare palla a terra e creando sempre il giusto rapporto tra movimento del pallone e movimento dei giocatori.
Ogni volta che un uomo dell’Atalanta riceve palla, subito un altro si muove in avanti: in questo modo crea spazio, cioè una soluzione di gioco; ma allo stesso tempo può far muovere il diretto marcatore avversario, creando quindi anche spazio. Una soluzione “elementare”, ma efficace, che spiega come l’Atalanta non sia una squadra provinciale dedita al sano catenaccio, ma che cerchi costantemente il gioco.
Il problema però è stato di baricentro. Prima di subire il primo gol da parte dell’Inter, l’Atalanta si è vista infilare due volte in contropiede. Il tentativo degli ospiti era quello di creare pressione al centrocampo interista, ma non ha funzionato: di contro, si sono ritrovati esposti alle ripartenze avversarie e la gara, così impostata, non è stata modificata. Basta guardare le posizioni medie degli atalantini in campo:
Rispetto a molte altre squadre, l’Atalanta ha un gioco e un palleggio migliori e che lo possono permettere di andare in Europa League (a meno che Roma e Napoli non abbiano un crollo verticale da qui a maggio); ma l’approccio di ieri non è stato quello giusto. Gasperini era probabilmente convinto di poter fare risultato a San Siro, ma il suo gioco è stato “normalizzato” dall’Inter, che ha fatto valere un’identità di gioco forse finalmente trovata per lo sprint finale di stagione verso la Champions.