L'ambulanteL’altro 8 marzo tra Buenos Aires e Santiago del Cile nel ricordo delle donne desaparecidos

In questa Festa della Donna non intendo stare a guardare ramoscelli di mimosa che vanno e vengono, cioccolatini incartati con la solita sfilza di frasette riciclate, auguri che annebbiano il maschi...

In questa Festa della Donna non intendo stare a guardare ramoscelli di mimosa che vanno e vengono, cioccolatini incartati con la solita sfilza di frasette riciclate, auguri che annebbiano il maschilismo o goliardici e chiassosi raduni femminili dipanati tra le ovvietà di uno streap-tease mascolino.

Ho anticipato l’8 marzo durante il mio recente viaggio della memoria che lega Santiago del Cile a Buenos Aires, nel ricordo del saccheggio infame delle dittature militari cilene e argentine, che hanno fatto delle donne desaparecidos l’ennesima vergogna del XX secolo.

Mi sono rimaste impresse le parole dei direttore dell’Espacio Memoria di Buenos Aires Amy Rice Cabrera, una donna per giunta: “Dobbiamo insistere, non dobbiamo fermarci mai. Mantenere vivo il ricordo significa riscattare il futuro dei nostri figli”.

I viaggi ai tempi dei social network sono affollati da cumuli di selfie e da collezioni di like stantii nella competizione di chi va più lontano. Dall’altra parte il viaggio della memoria porta allo sfinimento perché nasconde in valigia il dolore e la rabbia per essere stati indirettamente complici dei ricatti dei poteri forti.

All’Espacio memoria y derechos humanos di Santiagio del Cile mi balzano in mente le sagome di migliaia di donne che, negli anni bui del governo del terrore di Pinochet, non fecero ritorno a casa, senza riabbracciare più figli, mariti, genitori.
Di queste donne ce ne saremmo dimenticati se non fosse stato per la forza e l’audacia di altre donne, le mujeres del desierto, familiari di quelle scomparse e in lotta senza tregua per avere giustizia, fissando negli occhi la verità.

Cosa ci resta dell’altro 8 marzo? Il viaggio, tutto il resto è superfluo. Mimose? No, grazie.

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