Viva la FifaLo zen e l’arte di cercare fiducia (e anche lavoro) con il calcetto

Senza voler fare discorsi troppo generici e mettere sul fuoco calderoni vari, ormai da qualche tempo da queste parti succede questo: da una parte c'è il giornalismo, dall'altra il fact-checking. Co...

Senza voler fare discorsi troppo generici e mettere sul fuoco calderoni vari, ormai da qualche tempo da queste parti succede questo: da una parte c’è il giornalismo, dall’altra il fact-checking. Come se il controllo rigoroso dei fatti non sia prerogativa del giornalismo, ma di altro, di una dimensione più tecnica che riduce sì i giornalisti a megafoni del disgusto da gettare in pasto al popolo affamato di rabbia. Ecco che allora i giornalisti prendono un fatto e senza controllarlo lo cucinano bene e ci imboccano i lettori ormai fiaccati dalle stesse polemiche. Poi, all’acme della rabbia, arriva il fact-checker che smonta tutto.

Succede allora che da qualche giorno qui mancavano le polemicucce, quelle che ci fanno svegliare la mattina e sputare il caffè indignati, se no che ce ne faremmo di Facebook, a parte postare le foto delle vacanze nella masseria in Salento o di quella spiaggia che non conosce nessuno ma con la sabbia che sembra cipria, solo per far ingelosire gli altri? La Perego ha perso il lavoro e che le donne dell’Est usino il pigiama o meno non ci solletica più. A Londra hanno ucciso subito l’attentatore e arrestato un po’ di gente per chiudere la questione. Che barba, che noia. Non c’è nemmeno il campionato per provare a linciare un arbitro a caso.

Ma proprio mentre quando non sapevamo più cosa inventarci, ecco che arriva Poletti. Ah, il mitico Poletti. Quello che se ti laurei a 28 anni è inutile, anche se prendi 110 e lode, o che era meglio avere fuori dai piedi gli expat partiti per cercar fortuna altrove. Poletti arriva e dice qualcosa sul cercare lavoro e fiducia e nomina il calcetto. Boom. La questione diventa subito: Per Poletti devi cercare lavoro giocando a calcetto, mica mandando curriculum in giro.

E allora, veniamo al punto. Leggiamo le parole di Poletti:

«Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandando in giro dei curriculum».

Dove dice che per trovare lavoro bisogna giocare a calcetto?

Ecco. Poi, se vogliamo, possiamo decidere di fare due cose. Abbiamo due strade davanti a noi. La prima è quella di prender coscienza di quanto ha detto Poletti, aprendoci gli occhi: davvero credete che tutte quelle partite di calcetto organizzate tra colleghi, alle quali misteriosamente talvolta partecipa anche un capo, siano solo un modo per soddisfare la nostra smodata voglia di provare una rabona indossando i pantaloncini del Chelsea? Occhio a quello che ha aggiunto Poletti, costretto al spiegare le proprie parole: «Voglio chiarire che non ho mai sminuito il valore del curriculum e della sua utilità. Ho sottolineato l’importanza di un rapporto di fiducia che può nascere e svilupparsi anche al di fuori del contesto scolastico. E quindi dell’utilità delle esperienze che si fanno anche fuori dalla scuola». Più chiaro di così: non è solo questione di cercare lavoro, ma crearsi una rete. Fare quelle che comunemente vengono definite pubbliche relazioni. E il calcetto, vi piaccia o meno, serve.

Altrimenti c’è la seconda strada da imboccare, che è quella di scrollare la spalle, girarci dall’altra parte, fare finta di nulla e anzi continuare indomiti nella polemica. Chi lo farà, si auto-giustificherà dicendo che “Eh però Poletti ha detto…”, perché in fondo una polemica fa sempre più comodo di qualsiasi altra cosa. Anche di impiegare lo stesso tempo perso nella polemica mandando curriculum. O di organizzare una partita di calcetto con i colleghi, sperando accetti anche il capo.

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