Strani giorniDiverso è divertente (ed ha un buon sapore)

Oggi voglio parlare di diversità. Partendo da un'analisi etimologica. "Diverso" deriva da DĒVERTĔRE, ovvero andare in direzione opposta. Colui o colei che si allontana dalla norma imposta dalla soc...

Oggi voglio parlare di diversità. Partendo da un’analisi etimologica. “Diverso” deriva da DĒVERTĔRE, ovvero andare in direzione opposta. Colui o colei che si allontana dalla norma imposta dalla società ai suoi individui. A ben vedere, “diverso” ha la stessa radice da cui deriva la parola “divermimento”. Ne consegue che anche “divertente” ha quello stesso significato. Essere tali ci riconduce, quindi, ad una demensione che è il contrario della “serietà”, delle regole imposte, di come la società ha previsto che si deve essere. Una risata li seppellirà, ricordate? Chi si “diverte”, chi è diverso, rompe le regole. Non segue la massa. Ride, esagera, “ostenta” la propria condizione. Ostenta. Appunto.

Il verbo “ostentare”, a sua volta, deriva da OSTENDĔRE, composto da due parole: “OBS”, davanti, e “TENDĔRE” ovvero volgere. Volgersi in avanti. Far sapere, rivelare, porre innanzi. In senso lato, potremmo intenderlo come fare quel passo in più, rispetto a chi non ne è capace perché è fermo allo stesso punto. È un atto che espone una verità, di fronte a chi non vuole vedere. Per questo è un atto che dà fastidio, perché ci pone di fronte ai nostri fantasmi, a volte.

Faccio queste precisazioni perché come ogni anno, puntualmente, all’inizio della stagione dei pride – le marce dell’orgoglio per i diritti di gay, lesbiche, trans, bisessuali, intersessuali, ecc – arrivano puntuali le solite polemiche su come bisogna andare in piazza, su come sarebbe meglio manifestare, sul non essere eccessivi, sull’ostentazione. Come ogni anno, una parte della comunità arcobaleno si rifugia nel concetto di tolleranza. Ancora. Tradendo il significato di una lotta politica e di una cultura di più ampio respiro che non vuole il permesso di esistere, ma che si prende il diritto di vivere. Essere se stessi e se stesse. Operando una scelta, per altro, tra uguaglianza e omologazione. All’uguaglianza possono accedere tutti gli individui, in virtù delle loro differenze, perché lo stato di diritto riconosce quelle esistenze. L’omologazione impone l’obbedienza a un modello che rischia di appiattire la diversità. I moti di Stonewall nascono da una ribellione ai processi di omologazione, che sono reazionari e diventano – a lungo andare – violenti.

Per questo i pride sono “divertenti”. Perché rompono gli schemi, perché disobbediscono, perché obbligano la mente a fare quel pezzo di strada ulteriore che menti pigre hanno difficoltà a guadagnare. E se oggi qualcuno può dichiararsi gay e dire che non gli piacciono certe “carnevalate” è perché c’è stato chi, negli anni passati, ha usato il suo essere diverso per divertire, perché ha ostentato, perché ha visto la massa andare in una direzione e si è messo/a a marciare dall’altra parte. Voltando le spalle, magari, a quanto accade in paesi come la Russia di oggi o l’occidente degli anni cinquanta e sessanta, ieri.

P.S.: ritorno su “ostentare” e il significato di “far sapere”. “Sapere” deriva da SAPĔRE che ha due accezioni. Essere portatore di senno e conoscenza, ma anche “aver sapore”. Il “sapiente” è colui che sa e che sa di qualcosa. Infatti, quando una persona non ci convince, per i più svariati motivi, non sa di nulla. Oltre a non saper nulla o molte cose che farebbero la differenza. Tra le cose da sapere – e che ci rendono gustosi agli occhi degli altri – ci sono, a mio giudizio, le nostre origini, la nostra storia, sapere da dove arriviamo.

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