Non so da voi, ma in Spagna non si fa che parlare di Gentrificación, fenomeno a cui sono particolarmente sensibile a tal punto da boikottare nel mio piccolo fenomeni quali AirBnB&co.
In breve, dicesi gentrificazione (ah ok quindi sì, esiste anche in italiano):
gen·tri·fi·ca·zió·ne/ (sostantivo femminile)
Trasformazione di un quartiere popolare in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.
Ho letto da qualche parte che il livello di gentrificazione di un quartiere è direttamente proporzionale alla presenza di negozi cupcakes. E’ un esempio paricolarmente azzeccato soprattutto per città come Madrid, dove risiedo da ormai una decada nonostante la crisi del settimo anno sia sopraggiunta già al secondo. Metropoli con 12 linee di metro, la capitalona spagnola ha sempre mantenuto la sua dimensione di barrio, dove i piccoli commerci di sempre (o ‘de toda la vida‘ come si dice da ste parti) hanno convissuto in modo più o meno pacifico con supermercati e catene.
Poi venne l’apertura del Carrefour 24 ore al giorno, senza che questo imponente cambiamento si riflettesse sugli stipendi dei dipendenti (ma questo è un altro, enorme, capitolo da trattare in separata sede). Poi l’avvento di contaminazioni che poco hanno a che vedere con una città ‘gnurantotta e proprio per questo autentica; in parole povere, si continua a tradurre tutto ai limiti del ridicolo come abbiamo visto qui, tanto da scatenare risolini strafottenti se si osa dire New York, ma all’improvviso il madrileño ha iniziato a sentire l’esigenza di sostituire ai churros fritti di prima mattina dei cupcakes multicolor iperglassati (da sempre venduti a un euro al kilo, ma quelli no, scusate, quelli erano magdalenas), o di regalarsi un brunch nelle pigre domeniche di primavera.
Sono cambiamenti veloci e subdoli, che riguardano in particolare i quartieri più autentici, dove il classico Bar Manolo o il fruttivendolo dove scambiare quattro chiacchiere in ciabatte e pigiama hanno chiuso i battenti, incapaci di reggere all’avanzata della spinta fashion-glam globalizzante.
Da 10 anni vivo a Lavapiés e ogni giorno per rientrare a casa passo per Calle Embajadores, una via lunghissima nel cuore della Madrid più vera che collega più quartieri. Ebbene, negli ultimi sei mesi baracci e panettieri hanno lasciato il posto a realtà quali Bearbero, un elogio in chiave hipster al classico barbiere che con la lametta regala barba e baffetti a mano, esattamente come avrebbe fatto Pepe, che un salone da barbiere ce l’aveva davvero dal 1956, ma senza tocchi glam appesi alle pareti. Un successone tale che ora Bearbero riceve solo su appuntamento da fissare rigorosamente online per venire incontro alle orde di uomini dotati di risvoltini che non possono fare a meno della spuma in faccia per radersi.
Accanto al Bearbero, tre panetterie dove consumare torte americane al gusto Oreo, un ristorante vegano che serve un salmorejo per 10 euro e il bar di un teatro storico, ora più noto per i suoi gin tonic al petalo di rosa e cetriolo che per la programmazione. Perché visitare Madrid quando strade di questo tipo ricordano Londra o Milano o Los Angeles? Sarò una romantica del cazzo, ma mi chiedo da dove nasca questo bisogno di massificare pure le tradizioni, se il risultato è che trovarsi nel centro di Tokyo o Roma sia pressoché la stessa cosa.
La gentrificación ha portato anche al cosiddetto efecto Airbnb, perfettamente spiegato da un veloce colpo d’occhio su questi dati raccolti dall’ Ayuntamiento de Madrid y Airdna
In breve, nel giro di una manciata di mesi gli affitti del centro sono praticamente raddoppiati; chi cerca casa deve scontrarsi con multiproprietari che preferiscono cedere il proprio immobile durante i weekend agli americani, piuttosto che firmare un contratto con i cittadini che vivono e lavorano nella Capitale. Nel solo 2016, il centro di Madrid ha perso oltre 2.000 abitanti, che si sono spostati nella periferia, incapaci di permettersi affitti alle stelle. Numerosi gli annunci che propongono appartamenti turistici ai margini della legalità, a cui si affiancano parallelamente il numero degli sfratti ai danni di famiglie impotenti di fronte al mutuo a fine mese. A Malasaña, quartiere della Movida reso celebre dal me-gusta-Malasaña-me-gustas-tu di Manu Chao, la ‘turistificación’ cambia giorno dopo giorno i connotati del barrio, con interi edifici popolati da turisti mordi e fuggi, che rafforzano l’equazione: + alloggi per i vacanzieri = – case per gli abitanti. A questo desolante scenario aggiungo la guerriglia urbana tra vicini di casa, impegnati a migrare nei weekend per lasciare il proprio appartamento ad un prezzo sempre più competitivo.
Così, mentre continuo a scendere in pigiama e ciabatte da José per comprare la barra de pan appena sfornata, ogni mattina mi imbatto in un sacco di nuovi amici sul pianerottolo con cui scambiare un veloce Hello mentre sorseggiano il loro MilkShake alla fragola.