Un episodio della sotterranea sfida tra società aperta e società chiusa – o, se preferite, tra europeisti e sovranisti o, ancora, tra riformisti e populisti – è andato in scena, nel quasi totale silenzio dei media, alcuni giorni fa.
Libertà vs protezionismo
Si tratta dell’approvazione, da parte della Commissione Affari Esteri del Senato, del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), ovvero l’accordo economico e commerciale globale concluso tra l’Unione europea e il Canada e approvato dal Parlamento europeo nel febbraio di quest’anno. Il 27 giugno scorso, appunto, la Commissione Esteri ha votato a favore con i voti del Partito Democratico e di Forza Italia. Lega, M5S e Fratelli d’Italia hanno votato contro. I senatori di Articolo 1-Mdp erano assenti. Da una parte, dunque, i due partiti che, in questa fase, sembrano aver scelto una esplicita prospettiva europeista. Dall’altra, una miscela di nazionalismi di destra, di sinistra e ‘ibridi’. Certo, tra le galoppate narrative di Renzi e il caudillismo crepuscolare di Berlusconi non mancano sbavature neanche di là. Tuttavia, la linea tracciata è chiara e sarà cruciale nella definizione delle priorità programmatiche dei contendenti in vista delle elezioni del 2018. In questa occasione, infatti, è stata chiara la divaricazione tra coloro che riconoscono il valore dell’apertura agli scambi e alla circolazione di persone, beni, servizi e capitali tra le due sponde dell’Atlantico e chi, nel nome del protezionismo nazionale, si sono schierati per la chiusura antiliberale.
Le novità del CETA per lo sviluppo dell’Europa
Il CETA è il primo accordo commerciale tra l’UE e una delle grandi economie mondiali, forse il più vasto che sia mai stato negoziato fino ad oggi. Facilita gli investimenti e garantisce un quadro di certezza per lo svolgimento delle attività imprenditoriali transatlantiche. In pratica, dovrebbe rendere molto più facile per gli esportatori e gli investitori dell’UE fare impresa in Canada, un grande mercato e fonte di know-how, un paese ricco di risorse naturali, energia e materie prime. Sarà più facile, così, vendere beni e fornire servizi sull’altra sponda dell’Atlantico: grazie a questa libertà dovrebbero crescere anche le opportunità di lavoro in Europa, in linea con la strategia Europa 2020, volta a stimolare la crescita rendendo l’economia dell’UE più competitiva su mercati aperti ed equi in tutto il mondo. L’accordo dovrebbe far crescere di quasi un quarto gli scambi di beni e servizi tra l’UE e il Canada e generare un aumento del PIL dell’UE pari a circa 12 miliardi di euro l’anno (che si aggiungeranno ai 60 miliardi di euro attuali).
I vantaggi concreti
Tanti i vantaggi concreti. L’accordo, infatti, eliminerà quasi tutti i dazi all’importazione, facendo risparmiare agli esportatori europei circa 500 milioni di euro l’anno. Inoltre, consentirà alle imprese dell’UE di partecipare agli appalti pubblici in Canada a tutti i livelli di governo, anche nelle province, che rappresentano una parte cospicua della spesa pubblica in Canada. Le imprese dell’Unione potranno accedere ai mercati dei servizi e degli investimenti in Canada e fornire servizi postali, di telecomunicazione e di trasporto marittimo: saranno le prime società straniere ad ottenere un tale livello di accesso agli appalti pubblici canadesi. Lo stesso grado di apertura riguarderà il settore dei servizi finanziari. Importanti le ricadute sul lavoro e la mobilità: sarà più facile trasferire temporaneamente personale chiave delle società e prestatori di servizi tra l’Unione Europea e il Canada e i nostri architetti, ingegneri ed esperti contabili europei potranno fornire i loro servizi in Canada. L’accordo, infine, porterà vantaggi al settore farmaceutico, agli agricoltori e ai produttori alimentari europei, aiutando in tal modo anche le piccole e medie imprese dell’UE. Nonostante gli allarmi provenienti da alcune parti, con il trattato, innovazioni, opere d’arte, marchi e prodotti alimentari tradizionali europei avranno in Canada una protezione analoga a quella di cui godono nell’UE: non potranno quindi essere copiati illegalmente.
L’alternativa è l’autarchia
Come ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, il CETA “è un accordo commerciale di nuova generazione, con il massimo delle garanzie sugli standard sanitari, ambientali e in materia di lavoro tra la UE e un paese, il Canada, che assicura tutele di altissimo livello in tutti questi settori”. “L’alternativa a questo eccellente accordo, che aumenta le potenzialità di export dei prodotti italiani in un paese dove quasi il 5% degli abitanti è italocanadese, e che agevolerà le nostre piccole e medie imprese, è solo l’autarchia”. “Anche la tutela del Made in Italy, che consente alle nostre aziende di crescere grazie alle esportazioni, comporta la rinuncia alle opzioni protezioniste. Non possiamo sperare che i mercati di altri Stati si aprano sempre più ai nostri prodotti e servizi se chiudiamo il nostro mercato usando alibi superficiali. Senza accordi commerciali equi come il CETA – conclude Della Vedova – in Italia avrebbero tutti solo da perdere: imprese, lavoratori e consumatori”. Va ricordato, inoltre, che durante i cinque anni di negoziati, la Commissione ha organizzato varie riunioni di dialogo con la società civile riservate ai portatori d’interessi.
Agricoltura, sicurezza, ambiente e salute: confermate le tutele
Il CETA dimostra che possiamo raggiungere un accordo commerciale senza che entrambe le parti debbano sacrificare i loro interessi in questo settore. L’apertura dei mercati può contribuire a mantenere bassi i prezzi, offrendo ai consumatori una scelta più ampia. Essendo uno dei principali produttori di alimenti di alta qualità, l’Unione Europea beneficerà della possibilità di accrescere le sue vendite su un mercato ad alto reddito. In particolare, l’accordo introduce una tutela supplementare per l’ampia gamma di prodotti dell’UE di indicazione geografica, come il prosciutto di Parma, il prosciutto della Foresta nera o il formaggio Roquefort. Nonostante la diffusione di allarmi ingiustificati, inoltre, l’accordo non inciderà sulle norme ambientali dell’UE in materia di sicurezza alimentare. Come avviene attualmente, i prodotti canadesi potranno essere importati e venduti nell’UE solo se rispettano interamente le nostre normative. Ad esempio, il CETA non incide sulle restrizioni dell’UE in materia di carni bovine contenenti ormoni della crescita o OGM. Infine, non impedirà all’UE o al Canada di adottare nuove leggi in settori di interesse pubblico quali l’ambiente, la salute e la sicurezza.
Da Torino a Toronto: un accordo per il progresso
Allo stesso modo, occorre tranquillizzare quanti temono delle privatizzazioni indiscriminate. Se lo desiderano, infatti, gli Stati membri dell’UE potranno mantenere i monopoli statali per un determinato servizio. L’accordo non obbligherà i governi a privatizzare o deregolamentare i servizi pubblici come l’approvvigionamento idrico, la sanità o l’istruzione. Gli Stati membri dell’UE, dunque, continueranno a poter decidere quali servizi continueranno ad essere universali e pubblici e se sovvenzionarli.
Tempo fa, il premier canadese Justin Trudeau aveva dichiarato a proposito del CETA: “I leader che pensano che possiamo nasconderci e far girare l’orologio all’indietro si sbagliano: abbiamo lavorato duro affinché il CETA possa essere davvero un accordo progressista. L’accordo allargherà le opportunità e creerà posti di lavoro dignitosi su entrambe le sponde dell’Oceano. Ciò non solo per le grandi società, ma anche per le piccole aziende e per gli agricoltori. I loro prodotti verrano amati non solo a Torino ma, allo stesso modo, anche a Toronto “.
Insomma, l’accordo tra l’Europa e il Canada costituisce una traccia per altri accordi altrettanto ambiziosi per il futuro e, allo stesso tempo, un discrimine tra chi lavora per una società aperta e chi lavora per una società chiusa. Il dibattito dei prossimi mesi in Italia dovrebbe concentrarsi su questi temi prima ancora che sulla costruzione di coalizioni artificiali tra soggetti inconciliabili. Non si tratta di capire se si farà il matrimonio tra Renzi e Pisapia. O se Salvini e Berlusconi si rimetteranno insieme. Vogliamo sapere chi vuole stare in Europa e per fare cosa. Anche i media dovrebbero aiutare a fare chiarezza in questa direzione.