Il Parlamento ha approvato ieri, in via definitiva, la legge sul reato di tortura, coprendo finalmente un vergognoso vuoto normativo che durava da decenni. Durante questo tempo, la pressione delle organizzazioni civiche e di tutela dei diritti è stata tanta. E molte di queste realtà si aspettavano, giustamente, qualcosa di più.
“Quella approvata oggi dal Parlamento che introduce con quasi 30 anni di ritardo il reato specifico di tortura nel codice penale ordinario – ha detto ieri Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia – non è una buona legge. É carente sotto il profilo della prescrizione. Inoltre la definizione della fattispecie è confusa e restrittiva, scritta con la preoccupazione di escludere anziché di includere in sé tutte le forme della tortura contemporanea”. E’ per questi motivi che una serie di forze politiche presenti in Parlamento – dal M5S a Sinistra italiana al Mdp – hanno motivato la loro decisione di astenersi.
Tuttavia, continua Marchesi di Amnesty, la legge “permette di compiere un passo avanti, anche se incompleto, verso l`attuazione dell`obbligo di punire la tortura imposto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984″. “Nella misura in cui pone fine alla rimozione della tortura, alla sua indicibilità – riconosce Marchesi – la legge permette di superare quella situazione di grave inadempimento per cui i giudici italiani erano costretti a mascherare una delle più gravi violazioni dei diritti umani da reato banale, a volte da mero abuso d`ufficio, con la conseguenza di punirla in modo lieve o di non punirla affatto per effetto della prescrizione”. “Se la definizione accolta non può soddisfare, l`ipotesi di rinviare per l`ennesima volta, nella vaga speranza che un nuovo parlamento sapesse fare ciò che nessuno dei cinque precedenti aveva fatto, sarebbe servita solo a chi – e sono ancora in molti – il reato di tortura non lo ha mai voluto, senza se e senza ma e in qualsiasi modo definito, considerandolo contrario agli interessi delle forze di polizia”.
Un approccio gradualista e di buon senso, insomma, che non esclude la possibilità di applicare al meglio la legge approvata e, eventualmente, migliorarla ancora in futuro.
Sulla stessa lunghezza troviamo l’associazione Antigone che in una nota spiega: “La legge approvata che incrimina la tortura non è la nostra legge e
non è una legge conforme al testo Onu. Per noi la tortura è e resta un delitto proprio, ossia un delitto che nella storia del diritto internazionale, è un delitto tipico dei pubblici ufficiali”. Intanto, però, la legge c’è. “Da oggi – riconoscono quelli di Antigone – c’è un reato che si chiama tortura. Da domani il nostro lavoro sarà quello di sempre: nel caso di segnalazioni di casi che per noi sono ‘tortura’ ci impegneremo affinché la legge sia applicata. Ci impegneremo anche in sede politica e giurisdizionale, interna e internazionale, per migliorare la legge e renderla il più possibile coerente con la definizione delle Nazioni Unite”.
Insomma, anche le associazioni, pur riconoscendone i limiti, ammettono che il risultato più importante è stato raggiunto.
Proprio per questo motivo, colpisce l’astensione dei grillini, della sinistra radicale e dei fuoriusciti del Pd. Nel loro caso un mix di massimalismo, populismo e ricerca di visibilità hanno prevalso. Peccato, perché si tratta comunque di un successo storico di questa legislatura. Come al solito – i riformisti ne sanno qualcosa – l’ottimo è nemico del bene.