Può accadere che i social network facciano più danni di una scossa di terremoto. È successo a Ischia con un vortice di amplificazioni a danno dell’isola campana.
Da una parte il fuggi fuggi dei vacanzieri, dall’altra l’invito a restare per non fare ulteriori danni al turismo locale, al centro le polemiche mediatiche e gli starnazzi nazional-popolari che si afflosciano sulle bacheche di Facebook.
Le peggiori sono le strumentalizzazioni di chi fa informazione o politica con il dito puntato contro l’abusivismo edilizio, dimenticando che questo è un cancro tutto italiano.
Senza spostarci da Ischia, basta guardare nella direzione del Vesuvio per contare le lacrime di coccodrillo che verseremo quando il vulcano buono sputerà lava e spazzerà via i paesi vesuviani.
L’immagine del bambino di sette mesi estratto vivo dalle macerie a Casamicciola mi ha riportato in un lungo flashback, quello del piccolo Alfredino Rampi estratto morto da un pozzo vicino Frascati nel 1981. Altri tempi, tutt’altra storia finita in tragedia, raccontata in diretta dalla TV in bianco nero senza l’assenso o il dissenso dei social network.
Più della magnitudo del terremoto mi fanno inorridire i piccoli scimpanzé di Facebook che, dopo aver postato la foto del piccolo Pasquale di Casamicciola, ricamano prosopopee imbottite di sentimentalismo avariato e commozione stantia che fanno gola ad ogni mini community social che si rispetti.
Altro che “pelle d’oca”, mi viene la pelle di rinoceronte quando leggo i messaggi di solidarietà dei VIP – l’acronimo sta per Very Important Person? – ovvero la brutta copia di quelli diffusi dopo il tragico terremoto di Amatrice di un anno fa.
Ah, se non ci fosse il trillo di Facebook Memories, ci saremmo ricordati di quel fottuto 24 agosto 2016 che mise in ginocchio il Centro Italia?
Anche quest’anno la fine delle nostre vacanze è stata segnata da una minaccia: all’estero dall’ultimo colpo basso del terrorismo che ha schiaffeggiato a morte Barcellona; in Italia dalla terra che continua a tremare e noi pronti a piegarci nella trappola dei soliti errori.
Ho un rapporto privilegiato con l’isola di Ischia perché ho mosso lì i primi passi della mia professione di giornalista. Sono rammaricato perché non posso confrontarmi con il compianto Domenico Di Meglio, il mio direttore ischitano che, da una redazione di Forio d’Ischia, mi insegnò a stare alla larga dal brutale sensazionalismo di cui oggi sono ammalati senza via d’uscita informazione e social network. E ciascuno di noi ha le sue colpe.