Una volta per tutte, a chi mi chiede di condoni, terremoto, Ischia e fatti di questo genere.
La terra trema. È un fatto, ineliminabile. Arrendiamoci all’idea che viviamo in una terra che fa quello che vuole, la geologia e l’oroscopo non vanno di pari passo.
Iniziamo a chiederci cosa vuol dire che una scarpa debba andare bene per il piede che calzerà e non per il calzaturificio che la produce, né per i desiderata del mercato del momento.
Iniziamo a pensare che non sono i permessi in comune che assicurano la sicurezza di un edificio.
Non esiste la casa “anti” sismica: esiste l’edificio adatto al luogo in cui verrà edificato.
L’avevano capito già nella preistoria: l’uomo ha iniziato le palafitte non perché la vista mare faceva scena, ma perché era l’unico modo per costruire sulle maree.
La realtà è testarda: prima ti fa l’esame, poi ti insegna la teoria.
A chi costruisce, a tutta la filiera, resta la responsabilità di fare il proprio lavoro come i costruttori di Cattedrali nel Medioevo:
“Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura. Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali.
E sono solo io – io ormai così imbastardito – a farla adesso tanto lunga. Per loro, in loro non c’era allora neppure l’ombra di una riflessione. Il lavoro stava là. Si lavorava bene. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto”
Charles Pèguy – L’argent – 1914