Twitter ha iniziato ad estendere a tutti gli utenti il cinguettio a 280 caratteri. Il numero è raddoppiato e così finisce un’epoca, quella in cui “un bravo twittatore” doveva vedersela con le ristrettezze fisiologiche della piattaforma. Quanti twitterini incalliti, tra quelli che avevano fatto del social network nato nel 2006 il pane quotidiano, avranno storto il naso alla diffusione della notizia.
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Mentre da una parte CEO Jack Dorsey vorrebbe rassicurarci che la brevità resta la propria peculiarità, dall’altra l’abbandono della piattaforma di microblogging si nota a vista. Si dedica più tempo a social come Instagram dove è il visual a farla da padrone.
Nonostante l’alzabandiera gonfiata dei 330 milioni di utenti attivi nel mondo, si twitta di meno e l’engagement è in calo. Gli algoritmi hanno mandato a farsi benedire l’aria di democrazia delle cinguettate di un tempo, la pubblicità è sempre più invadente e questo formato XL sembra una bolla di sapone.
Giustificazioni linguistiche o altruismo verso la community bisognosa di più caratteri per esprimere i propri pensieri? I nati sulla carta stampata sanno bene che una riflessione può essere strizzata anche in una manciata di centimetri quadrati. Per noi giornalisti Twitter è stata una manna caduta dal cielo, ma la piattaforma californiana di microblogging non è un bar in cui si ritrovano gli addetti ai lavori.
Il pianeta digitale e i social network ci hanno abituato alle concessioni. 140+140 è davvero la formula che salverà Twitter?