Lo sapevamo, ma non doveva finire così. Eravamo tutti consapevoli delle difficoltà del nostro calcio, della nostra serie A, che negli anni 80/90 fu l’Nba del pallone, ed oggi è 4° campionato per appeal dietro Premier League, Liga e Bundesliga e attenzione alla Ligue1 che potrebbe sorpassarci. Sapevamo che Ventura, 69 anni, una carriera spesa sulle panchine di provincia (tra Albenga, l’esordio, e Torino l’ultimo club allenato) difficilmente avrebbe sopportato le pressioni della panchina azzurra. Ce ne siamo resti conto, ancora di più, quando al 43esimo del primo tempo, lo scorso 2 settembre, al Santiago Bernabeu il pubblico spagnolo era già agli “olè” dopo che Isco e compagni continuavano a passarsi il pallone di prima senza un minimo di reazione dei nostri. Lo sapevamo, ma non doveva finire così.
Sarà l’estate più brutta della nostra vita e lo diciamo mentre, a novembre, cade già la prima neve. Sarà un’estate senza mondiale per gli azzurri. Niente serate mondiali e notti magiche. Niente tradizioni da rispettare, le partite in tv con il sale sulla pelle, quei silenzi surreali dell’attesa, le scaramanzie, i cori, le bandierine tricolori, le magie azzurre più del mare, i caroselli, quelli che “io il calcio no, guardo solo la Nazionale”. Niente notte prima degli esami con l’Italia ai mondiali a fare da sfondo. Ai “Luca Molinari” del 2018 nessun terzino con la maglia azzurra risolleverà l’estate. Purtroppo.
Sembrava impossibile e invece l’Italia non andrà in Russia. Chi ci avrebbe creduto se ce l’avessero detto la notte del 9 luglio 2006? Forse dentro di noi però lo sapevamo già. Se ne era andato Antonio Conte dopo quell’europeo orgoglioso e arrembante e Francesco Totti, tra gli applausi di tutto il calcio mondiale lasciava il calcio. Una generazione di fenomeni svestiva l’azzurro lasciandoci un po’ orfani.
Potremmo stare a discutere giorni sulle cause e le colpe. Rimane l’immagine di un monumento del calcio e dello sport, Buffon, in lacrime al capolinea della sua carriera in azzurro dopo 20 anni e di un Paese incredulo davanti all’esultanza degli svedesi che ci negano il pass mondiale mentre il vertice del calcio italiano e il commissario tecnico sfuggono a telecamere e responsabilità.
Sapevamo tutto ma non volevamo crederci. Jorge Luis Borges diceva “Ogni volta che un ragazzino prende a calci qualcosa per strada, ricomincia la storia del calcio” e la nostra storia calcistica deve ricominciare e non tiriamo in ballo la serie A a 18 squadre e i troppi stranieri. C’è bisogno di aria fresca, di idee nuove, di ritrovare l’orgoglio di vestire quella maglia. Sarà certamente uno di quei bambini che oggi scende per strada con il pallone sotto al braccio a farci vincere il prossimo mondiale, ma adesso ancora increduli sappiamo che la prossima sarà l’estate più brutta della nostra vita.