L’elenco ragionato è di qualche giorno fa. Sul Corriere della sera Paolo Mieli si è preso l’onere di elencare “a futura memoria” i nomi di tutti quelli che – subito dopo il risultato elettorale – hanno propugnato una sorta di compromesso storico tra M5s e Pd. «L’incredibile corsa del ceto medio riflessivo della sinistra italiana sul carro dei Cinque Stelle», lo ha definito non senza qualche ragione.
Tra gli altri, ci sono – sopra – la Spinelli, Zagrebelsky, Cacciari, lo storico dell’arte Montanari, Flores D’Arcais, il politologo Pasquino. E poi varia gente del mondo dello spettacolo – Pif su tutti – e politicame vario, da Di Pietro a Crocetta. Tutti a dire che il senso di responsabilità vorrebbe…, l’Aventino non è una soluzione…, eccetera. Pasquino ha addirittura detto che la scelta di stare all’opposizione sarebbe «sovversiva». Ripeto: sovversiva!
Non è tanto l’aspetto tattico a rendere sbagliato il matrimonio. Puoi anche accettare di allearti con una forza che abbia una visione diversa dalla tua in vista di un obiettivo comune. Il Pd lo ha fatto con Monti e con Letta. La stessa tradizione comunista – a partire dalla «duttilità» di Togliatti – insegna che la politica è compromesso, nel senso alto del termine.
Qua il problema è più grosso: strategico e ideologico. Si vorrebbe un’alleanza (o una non belligeranza) con il M5s perché – si dice – è di sinistra, ha pescato nell’elettorato di sinistra e – in fondo – è più simile al Pd di quanto non lo sia la destra a trazione leghista.
Ecco, l’abbaglio – strategico – sta nella convinzione che alleandoti con Di Maio prima o poi il tuo elettorato torni a casa; l’errore – ideologico – sta nel ritenere che il M5s – la sua organizzazione e i suoi militanti – sia un partito di sinistra. O meglio, di sinistra moderna e riformista, come il Pd vorrebbe essere.
Dalla rivoluzione francese si sono prodotte due tradizioni politiche, entrambe con intenzioni emancitatrici. La prima, facendo leva sulle pulsioni alla libertà dell’individuo, è sfociata nel liberalismo e nelle democrazie occidentali. La seconda, privilegiando la salvezza del Tutto, ha prodotto i vari totalitarismi del secolo passato. Rousseau (nel senso di filosofo e non di piattaforma) fa parte di questa seconda tradizione. Che ha generato anche Mao e Pol Pot, per dire.
Estremizzando, penso che M5s e una parte di sinistra – quella che non è stata mai del tutto sconfitta e continua ad avvelenare i pozzi del riformismo – siano accomunate proprio da questa visione. Che è una visione illiberale e di destra. E fa male il «ceto medio riflessivo della sinistra italiana» a non accorgersene.
Altro che allearsi con Grillo, dunque! Il Pd non solo commetterebbe un gravissimo errore, ma continuerebbe a inseguire un’idea sbagliata e reazionaria. In fondo, l’eterno problema della sinistra italiana.
(www.attentialcane.org)