Con l`avvento di internet il turismo è diventato più semplice un po` in tutto il mondo, grazie alla riduzione potenziale degli intermediari e all`immediatezza con cui chiunque di noi ha la concreta possibilità di organizzare una vacanza nelle location desiderate.
Una delle domande principali domande riguardo il turismo che assilla i romani, chi più chi meno quasi tutti coinvolti dalla visita di un numero di visitatori importante nella Capitale italiana, è la seguente:
Ma che beneficio portano davvero queste visite a Roma in termini di entrate economiche e di valore aggiunto?
Il sindaco Raggi non ha approfondito molto questa tematica, quindi abbiamo voluto sentire l`opinione di Gabriele Felice, responsabile nazionale per le piccole e medie imprese del Movimento Nazionale per la Sovranità, Presidente del Consorzio SAVE ITALY e di Nuove Frontiere Onlus, che ha studiato a fondo la questione.
Salve Gabriele, piacere di conoscerti! Inizierei con una domanda semplice: cosa pensi della crescita del turismo a Roma?
Piacere di conoscerti Daniele e grazie per l`intervista.
Quello che mi sento di poter dire innanzitutto è che Roma sta assistendo alla crescita di un turismo senza valore aggiunto che sta creando più problemi che altro.
La giunta Raggi mette il carro davanti ai buoi, ovvero racconta che la leggera crescita del turismo romano, dovuta al trend mondiale e particolarmente europeo, sia il risultato ultimo di una strategia non meglio precisata.
Ora, al di là dell`euforia manifestata dalla giunta capitolina nella persona del sindaco Virginia Raggi e dell’assessore al turismo Carlo Cafarotti, relativa ai dati del turismo degli ultimi due anni che vedono un incremento delle presenze intorno al 3,5%, possiamo senz’altro dire che non è tutt’oro quel che luccica, anzi.
Non possiamo non constatare che la crescita in questione è ben al di sotto della media europea che si attesta sopra l’8%, che Parigi, Londra, Berlino, Madrid e persino Milano sono cresciute di più facendo allontanare la Caput Mundi dalla top ten delle mete internazionali più desiderate, relegandola addirittura al 16° posto.
Nello specifico, Roma si trova al 16 posto preceduta, per restare in Europa, da: Londra dove i visitatori hanno speso 16 miliardi di dollari, Parigi con oltre 12 miliardi, Barcellona con 8,9 miliardi, Amsterdam e la nostra Milano con 4,9 miliardi e infine Roma, appunto, con i suoi 4,5 da condividere con il Vaticano.
Si tratta quindi di un dato più che deludente, considerando il fatto che lo si ottiene in un periodo di vacche grasse e che proprio sul turismo scommette il Movimento 5 Stelle per aumentare in maniera sensibile il Pil.
Se pensiamo che il Portogallo e la Grecia volano sopra il 10% e che la stessa media dell’intero continente si attesta all’ 8,4%, per non parlare delle capitali competitor quali Parigi (oltre 28 milioni di visitatori l’anno nonostante le stragi terroristiche), Madrid, Londra e Berlino, ecco che l’incremento ottenuto assume i contorni di un flop. Altro che trend positivo frutto di una “strategia mirata”, qui si assiste ad una crescita per forza d`inerzia.
Il risultato ottenuto ci dà prova di una incapacità della giunta capitolina di sfruttare al meglio un periodo particolarmente favorevole del turismo europeo e di ridurre, almeno parzialmente, il gap che anche in questo settore ci separa dal resto d’Europa.
Tutto chiaro Gabriele, ma questa crescita, seppur piccola e inferiore come tu hai descritto alle altre location europee, sta portando introiti nella Capitale?
Grazie per questa seconda domanda, che mi sembra molto importante. Va infatti valutato in che misura gli introiti sono per la città, per la sua amministrazione e quanti invece confluiscono nelle casse Vaticane, perché la crescita andrebbe scomposta in due voci:
turismo religioso, i cui proventi vanno a finire prevalentemente nelle tasche del Vaticano e delle sue strutture;
turismo che potremmo definire laico, nel quale confluiscono quello artistico, di affari, convegnistico, enogastronomico e tanti altri ancora.
Come noto, lo Stato Vaticano usufruisce di un regime di esenzione fiscale che coinvolge anche gli enormi introiti provenienti dai flussi turistici: la sola attività alberghiera consente di espandere, mantenere e migliorare le suddette proprietà.
A puro titolo di esempio, basti sapere che circa 1/4 degli alberghi romani è patrimonio della Santa Sede: sono 297 i conventi svuotati e riconvertiti in alberghi non sottoposti a tassazione né sugli immobili, né sui rifiuti. Il caso de Le Piccole ancelle del Cristo Re fornisce l’esempio emblematico della lotta fra il Comune di Roma e la Città del Vaticano, in causa per 320mila euro.
E’ importante stabilire i rispettivi rapporti, perché se è vero che il business del turismo religioso registra di anno in anno incrementi a doppia cifra e che il primo posto fra i luoghi religiosi al mondo spetta alla Basilica di San Pietro, evidentemente anche il piccolo e modesto 3,5% di cui ho parlato precedentemente andrebbe ancor di più circostanziato e rivisto.
A questo va aggiunto che la quantità non sempre è qualità, e non sempre porta valore aggiunto e ricchezza.
Siamo poi sicuri che il turista, anche alla luce delle considerazioni fatte, che approda a Roma sia lo stesso che approda a Parigi, Berlino, Londra nella stessa Milano?
Sentendo gli “addetti ai lavori” romani, il turismo religioso spende poco, molto poco, e non porta un vero valore aggiunto economicamente parlando a Roma.
Per valore aggiunto si intende l’impatto economico del turismo capace di generare occupazione e reddito, porta introiti alle imprese direttamente coinvolte (dagli hotel, al commercio, dai trasporti, ai luoghi di cultura, al commercio, allo sport) e accresce il Pil delle città.
Alcuni dati per rendere più chiaro il concetto: il valore aggiunto per presenza turistica in Italia è di 173 euro, in Germania quasi il doppio, 307 euro pur avendo il Belpaese il record mondiale di siti Unesco, di Dop e Igp.
Roma genera un magro valore di 67 euro.
Data la definizione e letti i dati di cui sopra ecco spiegato come il turismo capitolino sia del tipo “mordi e fuggi”, incapace quindi di dare ricchezza come è plasticamente dimostrato dalle migliaia di turisti sdraiati a Piazza Navona piuttosto che a Piazza di Spagna, sulle fontane del Bernini piuttosto che sulle scalinate delle nostre meravigliose chiese barocche e rinascimentali, che mangiano un pezzo di pizza al taglio con una bottiglietta di acqua da mezzo litro piuttosto che una birra.
Roma ha un bisogno spasmodico di recuperare un turismo di qualità, capace di apprezzare e non di deturpare, di spendere e non di sindacare sulla mancia al ristorante.
E’ importante quindi accaparrarsi il turismo più ambito, perché più orientato a spendere: non quello religioso che riempie prevalentemente la casse del Vaticano, non tanto francesi e inglesi, che spendono 600-1000 euro a viaggio, ma russi, americani, indiani e cinesi, che sborsano tre volte più degli europei.
Un primo, timido segnale che va in questa direzione è dato dagli alberghi 5 stelle che hanno visto un + 4,7% degli arrivi e circa un + 5% delle presenze nei primi otto mesi di quest’anno, ma siamo ancora lontanissimi da avvicinarci ai risultati necessari.
Dove sono, quindi, le cause che hanno portato alla situazione odierna, e cosa manca a Roma?
Per cercare di capire le cause di questi risultati così deludenti, cominciamo a mettere a confronto tutta una serie di dati e di scelte politiche della giunta capitolina con quelle di Parigi, nostra più diretta competitor, che vede una crescita annua di oltre il 6%, prima città in Europa con i suoi 30milioni di turisti, portatrice di best practices che andrebbero studiate e quando possibile imitate.
Partiamo da un dato di fatto: la capitale francese non è più bella della nostra, né più ricca di siti artistici. Da che deriva allora questo divario così abissale?
Perché Parigi ti rende la vita più facile, ti offre meglio quello che propone, sa valorizzare ciò che possiede, è meglio organizzata, ha servizi efficienti, funzionanti, perché il turista può girare in tutta sicurezza fra strade, piazze e vicoli puliti e decenti, perché tra arte, cultura, cinema, hai solo l’imbarazzo della scelta e una settimana non basta per vedere tutto.
Insomma Parigi offre cose che dovrebbero essere scontate: servizi di trasporto, sicurezza, pulizia, cultura, mentre Roma no!
Quindi logica vorrebe che una qualsiasi giunta avesse il suo focus su quanto appena scritto.
Quali sembrano essere invece per la giunta capitolina le priorità?
– il contrasto all’abusivismo turistico/ricettivo in ogni sua forma;
– la lotta all’evasione del contributo di soggiorno e la effettiva destinazione del 10% dei relativi introiti a fini turistici;
– la cura del decoro cittadino, il miglioramento del trasporto, la regolamentazione delle operazioni di sosta dei bus turistici;
– lo sviluppo di sistemi più evoluti di informazione e di promozione turistica;
– la promozione del turismo fieristico, congressuale e formativo;
– la costituzione di un Convention Bureau e la promozione di circuiti turistici alternativi.Allora, riguardo sicurezza, decoro, alla pulizia, all’efficienza dei mezzi pubblici, alla cultura e agli eventi, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Nessuno chiede una rete underground stile Parigi, a Roma impossibile per tante ragioni, ma su tutto il resto si può fare veramente molto e a costo zero ma occorre volerlo veramente.
Questa città sempre più simile ad una casba che a una capitale europea, vede il totale fallimento di una giunta ad ora incapace di individuare le priorità per un settore così nevralgico come il turismo, da questa presentato in fase elettorale come “il punto di forza per il rilancio della città di Roma, sia a livello nazionale che internazionale”.
Per il 2018, l’Unwto prevede una crescita dal 4 al 5% di turisti mondiali. Chi li saprà «catturare»? Certo non questa giunta. Sperare che ne prenda atto e ne scaturisca la dovuta decisione è un sogno che hanno ormai la stragrande maggioranza dei romani.