Sulla crisi di governo, andrebbe ribadita la cosa più semplice di tutte: non esiste – né è mai esistito, nel nostro paese – un “governo eletto dal popolo”. Sarà utile fare un ripasso di educazione civica, tanto cara Matteo Salvini, che però evidentemente non sa (o finge di non sapere) come funzionano le cose nel nostro Paese. Lo schema è semplice, anche per un elettore della Lega, per cui vediamolo insieme:
- il popolo elegge il Parlamento, diviso in due rami (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica)
- le due camere eleggono il Presidente della Repubblica
- il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, che forma il nuovo governo
- il Governo viene sottoposto al vaglio delle camere, che danno la fiducia. Da quel momento diventa operativo.
Nello schema appena proposto, come è agevole constatare, l’azione del “popolo” si arresta al primo passaggio. Siamo una democrazia rappresentativa: ciò significa che mandiamo i nostri e le nostre rappresentanti a gestire il complesso macchinario che è la democrazia. Su Facebook, su Tecnocrazia e Libertà e nella pagina Farmacia Politica, gira un disegnino – strumento didattico di prima scelta, se si vuole far breccia nella mente dei più semplici – che spiega ancor meglio ciò che sto cercando di dire in questo post. E cioè: il popolo non elegge nessun governo, né lo ha mai fatto da che esiste non dico la Repubblica Italiana, ma l’Italia come stato unitario.
Secondo aspetto su cui concentrarsi: il concetto di democrazia parlamentare. Il nostro ordinamento prevede che la maggioranza sia decisa o tramite le urne (attraverso il voto dei cittadini e delle cittadine) o attraverso gli accordi parlamentari. Se il corpo elettorale manda al potere questa o quella forza politica, assicurandogli la maggioranza dei seggi (almeno 316 alla Camera e 158 al Senato), quella forza ha il diritto di governare. Ma non solo perché il popolo l’ha scelta, bensì anche per il fatto che lo prevede la Costituzione. La democrazia, infatti, non è mera libertà di far ciò che si vuole, ma è un sistema per cui un individuo possiede una vasta gamma di scelte (politiche e non) dentro un recinto ampio ma ben definito.
Se invece le elezioni producono un parlamento frazionato, dove non c’è nessun soggetto politico che ottiene la maggioranza assoluta, i partiti sono costretti a costruire maggioranze parlamentari con altri. Ed è quello che è successo fino ad oggi, anche con il governo giallo-verde. Il M5S, primo partito alle elezioni precedenti, non ha ottenuto il 50% più uno richiesto per governare da solo. È stato costretto, perciò, a confrontarsi con i partiti che siedono in Parlamento. Fino a poche settimane fa era alleato con la Lega, fino a quando il leader di questo partito ha mandato tutto all’aria. Presumibilmente, fanno notare esperti e analisti, per questioni di tornaconto personale. Supportato dai sondaggi e dal risultato delle ultime europee, Salvini pensava di fare il pienone in caso di elezioni anticipate.
Purtroppo per lui, tuttavia, non si va ad elezioni quando più ci piace. Sempre nella Costituzione c’è scritto che – salvo casi eccezionali – si vota ogni cinque anni. Le regole democratiche a cui siamo tutti sottoposti, leader leghista incluso, prevedono che adesso i partiti formino un’altra maggioranza in Parlamento. Ci sta anche che il M5S non si fidi più di chi ha determinato la crisi di governo e si guardino altrove. Questo altrove è rappresentato dal Partito democratico che risulta essere il secondo nel Paese. Chi lo ha detto? Gli elettori e le elettrici, il 4 marzo del 2018.
Un eventuale governo targato M5S e Pd, insomma, non è affatto una forzatura. Rientra tra le eventualità previste dalla nostra Costituzione. Sarebbe, inoltre, rappresentativo di quella maggioranza di italiani e italiane che hanno votato questi due partiti portandoli rispettivamente al primo e al secondo posto. Sarebbe, addirittura, più rappresentativo del precedente governo. Le elezioni che sono venute dopo non incidono sull’attuale composizione parlamentare, visto che per le Europee si è votato per il Parlamento europeo (e non quello italiano) e visto che le amministrative hanno valore circoscritto a questo o quel territorio (comuni o regioni). Chi dice altro, rispetto a queste ovvietà, o mente o ignora come funziona la democrazia nel nostro Paese. Semplifico: o è bugiardo o è ignorante. Ed è quindi inadeguato ad amministrare anche solo un condominio di periferia. Figuriamoci una nazione.
Concludo ricordando un passo, che sintetizza tutto ciò: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». È l’articolo 1 della nostra Carta fondamentale. Dove si parla non solo di autodeterminazione politica, ma anche di democrazia. E di lavoro. Concetti che, a naso, non sono molto cari – e forse nemmeno tanto chiari – a chi si ferma solo a quello di “sovranismo”.