Qual è il futuro della scrittura? Oggi parlo di libri attraverso un film del bravissimo registra francese Olivier Assayas: Doubles vies presentato a Venezia nel 2018.
Sono passati due anni da quando Assayas ha presentato il suo film ma sono arrivate le risposte alle sue domande? C’è stata davvero la rivoluzione digitale nel mondo dell’editoria? Gli ebook hanno realmente preso il sopravvento sui libri stampati? No questo lo sappiamo con certezza, non è successo neppure negli oltre due mesi di lockdown, lo dicono i dati sulle vendite, allora forse il futuro sono gli audiolibri? Mah, io che sono una convertita al digitale non ho mai acquistato e ascoltato un audiobook e per il momento non ho intenzione di farlo, non è una cosa che incontra il mio interesse, neppure se me li offrono gratuitamente e tant’è.
Assayas non è lì a dirci che la tecnologia e l’innovazione sono il male, ci mostra la transizione che stiamo vivendo, il passaggio da un mondo ad un altro e se pensiamo che il Salone di Torino quest’anno si è svolto completamente in streaming, che le presentazioni dei libri si fanno con i webinar forse bisogna anche ringraziare le opportunità che la tecnologia e internet ci offrono in cambio di un tradizionale niente.
Ma c’è un’altra cosa importante che Assayas dice in questo film: oggi, ci piaccia o meno, la critica (parlo di critica letteraria) è ancora vista come l’espressione mediata, soggettiva di una élite.
Io che scrivo da circa quattro anni qui, su questa pagina, senza essere una giornalista, non sono ben vista da chi si sente professionalmente autorizzato a farlo, da chi sente che questo mio lavoro gratuito sia un rubare spazio, a che titolo esprimo io le mie opinioni, così liberamente, senza controllo, impunemente … rischiando addirittura di influenzare chi mi legge, di spostare seppur di un millimetro e per un istante la propensione all’acquisto di alcuni lettori che individuano nella gratuità di queste mie parole un valore premiante.
Il motivo però che mi fa dire “che bellissimo film” non sono solo i temi a me cari, è la sceneggiatura, i dialoghi, il fatto che sia, vivaddio un film fatto di parole, di quotidianità che piano piano viene disvelata lasciando alla luce del sole i fatti perché ciò che appare, ciò che è percepito, non è mai o quasi la realtà.
Assayas mette il dito su una piaga, la piaga dell’ipocrisia. I personaggi del suo film evitano accuratamente la verità, la conoscono, non sono stupidi ma preferiscono non dirla ad alta voce, se rimane un pensiero e non viene esplicitata credono che il danno sia minore, è più facile il non detto, ciò che rimane nel limbo dell’implicito.
Mi è piaciuto molto il personaggio di Valérie, lei al contrario degli altri non è una artista, non fa parte di quel gruppo di intellettuali e per questo risulta più pragmatica, non ha problemi a dire che le piace guardare le serie tv perché la rilassano, non vuole trovarci per forza un significato implicito, profondo e allo stesso tempo è una che ancora crede si possa far politica partendo da un ideale, il suo atteggiamento è più forte di quello degli amici e del compagno che con il loro populismo finiscono per risultare perfino un po’ stupidi.
La tragicità che Olivier Assayas ci mostra in questo film sta in quanto riusciamo ad essere ridicoli con certe critiche e il falso attaccamento ad una cultura superata quando l’inconsistenza di ciò che è mostrato pubblicamente forse è in realtà la vera sostanza delle vite vissute fuori dalle Instagram Stories.
La domanda importante, fondamentale che ci fa Assayas è: chi scrive, chi gira un film riesce ancora ad entrare in contatto con chi legge, chi guarda? C’è ancora un link che ci unisce?
Splendida la regia, Assayas ha deciso di raccontare questa storia usando il 16mm, perchè? Ovvio, era il modo migliore per far capire cosa cambia con il digitale, sono bellissimi tutti i campi e i controcampi, io non sono una esperta ma da profana faccio caso al formato delle immagini dei film che guardo, faccio caso a come si muove la macchina da presa perché è lì che si esprime la potenzialità emotiva di una scena e se riguardate solo i primi cinque minuti del film di Assayas, avrete la sensazione di guardare un documentario.
Comunque, la finisco qui altrimenti mi trasformo in uno dei personaggi! Il titolo in italiano di questo bellissimo film fa schifo: “Il gioco delle coppie” e io vi consiglio, se non lo avete visto, di guardarlo.
Cito:
Alain (Guillaume Canet): Viviamo in una società che rispetta i soldi e il potere…più i libri costeranno e più saranno letti!
Lettore (Raphaël Neal): Ma è giusto che uno scrittore si ispiri a persone reali?
Léonard (Vincent Macaigne): Sì, certo…si fa da che mondo è mondo!
Léonard: In futuro leggeremo meno libri e saranno ebook!