PromemoriaA riveder le (cinque) stelle

Di Battista propone un congresso per capire se esiste una prospettiva di futuro per i cinque stelle diventati forza di governo. Sono ancora anti sistema?

I cinquestelle – fatto inedito fino a questo momento – si divideranno per l’avvento apocalittico di nuovi puri (Lezzi – Giulia Grillo – Paragone ) contro gli impuri di governo (Crimi – Taverna – Di Maio), colpevoli di aver fatto l’unica cosa possibile alla logica delle cose ovvero diventare “parte” del sistema anziché starsene in tribuna a fare gli anti qualsiasi cosa.

Alessandro Di Battista (l’evocazione con il profeta che grida nel deserto è perfetta), dopo vari giri instagram-mood intorno ai quarti mondi, adesso invia quart-ultimatum agli amici di partito chiedendo – oh my god – un congresso a significare che le parole sono opportune anche quando – storcendo il naso – non possiedi sinonimi a tuo piacimento. Per cui un congresso grillino sembra un ossimoro sentito da Dibba ma se l’ha detto vuol dire che un convegno solenne – a detta di lui – serve.  Ma serve?

A mio avviso è addirittura una scelta obbligata per i pentastellati se si guarda alla loro parabola paradossale. Un movimento, divenuto da promessa a partito del 25 per cento ma sfarinato durante gli ultimi anni, terza forza politica (pur magmatica) del paese, spina nel fianco per la sinistra e la destra, forza parlamentare rilevante dal 2018 e decisiva per due governi speculari per mission e vision con l’unica (ingombrante) costante di avere lo stesso presidente del consiglio, Conte. E volete dirmi che non serve un congresso? Governare con Salvini e Paragone è la stessa cosa con Gualtieri e Speranza? Questa versatilità del movimento – ed è una domanda cruciale – è un punto di forza o debolezza? E’ un elemento che concede ulteriore carica erotico-elettorale ai cinquestelle oppure questa carica magnetica – diventato governista – deve lasciare il passo a nuovi vaffanculi?

Non è un caso che il dibattito anche intorno al Pd ruota per converso intorno allo stesso tema e che riassumiamo in questo quesito: il Partito democratico si è grillinizzato o i grillini si sono piddizzati? Sono destinati – dalla forza degli eventi – a coagularsi in una “cosa” (con LeU di un Bersani ripagato da storici streaming umilianti) contrapposta all’altra cosa di destra che inevitabilmente è già forte a trazione Salvini-Meloni? Vedremo.

Quante volte abbiamo tifato per un buon bipolarismo e di quanto sia stato antipatica l’operazione “contro natura” di Grillo e Casaleggio con il M5S ma la crisi del centrosinistra e del centrodestra aveva prodotto uno squarcio di partecipazione e affiliazione significativa nei numeri in parlamento e nei consensi. Ma nello stesso tempo la piattaforma progettuale era velleitaria a cui si associavano forme di web-partecipazione che non hanno retto alla complessità del sistema politico e amministrativo del paese (e non a caso i governi locali cinquestelle sono stati un quasi flop dal punto di vista dei risultati rispetto alle promesse).

Che in cinquestelle quando sono al governo sono anonimi e destinati a darsi una piattaforma di orientamento programmatico storicamente dato (col PD o col centrodestra) è un dato fattuale non fosse altro che un tripolarismo italiano – come si è visto – non è  durato sul medio-lungo periodo. E tutte le volte, guardando al cambio di esecutivo con lo stesso premier, si è  imposto  un “consorzio” e una negoziazione duale con il partner di governo.

Si vedrà se i nuovi “anti” si annunciano tali oppure provano a costruire qualcosa “con”. Dal sarcasmo di Grillo Beppe alle dichiarazioni di Di Battista  pare che non ci sia granché di sostanziale ma voglia di mandare a quel paese senza una prospettiva del domani. Il cielo è nuvoloso e non si riesce a riveder le stelle. Non la vedo bene, insomma.

 

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