C’era una volta Carol Hanisch, l’inventrice del famoso slogan “Il personale è politico” da un’idea che affonda le sue radici nella politica movimentista degli anni Sessanta e che presto è diventato un motto femminista. Carol voleva dire che il nostro privato è collegato alla sfera pubblica, anche se siamo cittadini anonimi. Non serve, insomma, essere Asia Argento per smuovere le coscienze sul fatto che le molestie sessuali riguardino non solo le donne, ma l’intero assetto della società.
Dagli anni Sessanta ad Asia Argento
Carol Hanisch militava in “gruppi di autocoscienza” nei quali le donne discutevano delle esperienze personali alla luce di “una condizione politica”, in quanto: “Tutto va inscritto in una cornice più grande e i conflitti tra singoli uomini e donne sono conflitti politici che possono essere risolti solo collettivamente”. “Il personale è politico” ha perciò segnato un’epoca con tutte le sue contraddizioni e le derive ideologiche, ma sempre sorretto da un forte ideale.
Lo slogan di Mark
Oggi la società liquida alla soglia del 5G viene segnata da un altro slogan: “Il futuro è privato”. Con queste parole, infatti, Mark Zuckerberg alla conferenza annuale degli sviluppatori di Facebook, l’F8, nel 2019 ha presentato il piano per adattare Facebook e i suoi servizi al nuovo modo di usare i social network da parte degli utenti. Un modo sempre più privato, dove i Gruppi e gli Eventi acquistano maggiore rilevanza e le Storie un incremento di seguito.
“Si tratta di un rovesciamento concettuale rispetto a quando, nel 2009, lo stesso CEO di quello che sarà ricordato comunque come uno dei più importanti social network della storia dichiarava l’esatto opposto (L’era della privacy è finita)” scrive su Linkiesta Hamilton Santià “anche perché si tratta di un tentativo, tardivo e maldestro, di rimettere il dentifricio nel tubetto alla ricerca della reputazione perduta”.
Accuse a Facebook
Intanto il 10 dicembre 2020 La Federal Trade Commission fa causa a Facebook affermando che l’azienda sta illegalmente mantenendo il proprio monopolio nel mondo dei social network, grazie a una reiterata condotta anti-concorrenziale. Il Procuratore Generale di New York, Laetitia James, ha dichiarato che Facebook: “Ha usato la propria posizione dominante e il proprio potere monopolistico per schiacciare rivali più piccoli e spegnere la concorrenza, tutto alle spese degli utenti quotidiani” e che ha fatto “miliardi convertendo dati personali in vacche da mungere” (per approfondire: https://www.adginforma.it/over-the-top-sotto-tiro-federal-trade-commission-e-48-stati-fanno-causa-a-facebook/).
Rendendo tutto più privato e rivolto a gruppi limitati di persone, Facebook confida di risolvere, almeno in parte, il problema delle accuse di violazione della privacy, come se i Gruppi fossero mascherati dall’occhio lungo dell’algoritmo.
Il paradosso della libertà di espressione
Il passaggio dal “personale è politico” al “futuro è privato” ha perciò a che fare con il solito paradosso della libertà (Non sappiamo più chi siamo. Il paradosso delle libertà e Il paradosso della libertà in tempo di Covid) che rispecchia questi tempi in liquida evoluzione, facendo emergere una comunità in costante… contrazione. Una umanità social abituata a rendere il proprio personale pubblico, spesso anche con intenzioni politiche, ma in una piazza dai confini sempre più ristretti. Non più piazze, ma bolle, asfissianti. Infine, dove un tempo vigilava il Grande Fratello dell’ideologia, oggi vige il freddo e impersonale Algoritmo.
Il risultato è che il personale è monetizzabile.