Di Francesco Carini– Homo Sum
«L’umanità io l’ho divisa in due categorie: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, la minoranza. […] A qualunque ceto essi appartengano, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso, hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi. Pensano tutti alla stessa maniera».
(Totò Esposito in Siamo uomini o caporali?, di Camillo Mastrocinque, 1955)
Il 15 febbraio di 123 anni fa nasceva Antonio de Curtis, in arte Totò, mentre correva il 1955 quando uscì questo piccolo capolavoro diretto da Camillo Mastrocinque, il cui soggetto fu ideato e scritto dallo stesso Totò. L’artista partenopeo, conosciuto per i suoi ruoli comici, in tale pellicola ha rappresentato una sorta di mix fra: una vittima, un Pierrot e un Deus ex machina capace di squarciare il velo di ipocrisia sulla natura dell’uomo, in grado di divenire carnefice se ricoperto di un ruolo di potere, non solo in ambito militare.
Nel 2014 è stato pubblicato un libro di Salvatore Cianciabella, intitolato Siamo uomini e caporali – Psicologia della disobbedienza, nel quale l’autore prende in considerazione anche altre pellicole in cui ha recitato Totò, come: Totò Diabolicus, Guardie e ladri, Totòtruffa o Totò all’inferno. Oltre alle suddette analisi e alla nota introduttiva di Liliana de Curtis (figlia di Totò), risalta subito la prefazione del prof. Philip Zimbardo, esperto di fama internazionale in psicologia sociale e già docente presso l’Università di Stanford. Nello stesso spazio, Zimbardo fa riferimento al suo celebre esperimento di Stanford, a cui, quasi 50 anni fa, 24 ragazzi (all’incirca ventenni) furono sottoposti sotto compenso di 15 dollari al giorno. Alcuni avrebbero rappresentato dei detenuti, altri delle guardie, che si davano il cambio durante la giornata. L’esperimento sarebbe dovuto durare 2 settimane, ma dopo 6 giorni fu interrotto per gravi conseguenze sui soggetti esaminati, con i carcerieri che svilupparono tendenze “sadiche” e pratiche a dir poco aggressive e persecutorie sui carcerati (nel 2015 è uscito anche il film Effetto Lucifero, di Patrick Alvarez, il cui titolo è proprio ispirato al processo descritto da Zimbardo).
A tal proposito, lo stesso ricercatore sottolinea nella prefazione del volume di Cianciabella:
«Le organizzazioni sia pubbliche che private, poiché operano all’interno di un contesto giuridico e non etico, possono causare sofferenza alle persone, e persino determinarne la morte, attenendosi alla fredda razionalità per realizzare gli obiettivi della propria ideologia, un progetto più ampio, un’equazione costi/benefici o un risultato di profitto. In tali casi, i loro fini giustificano sempre l’impiego di mezzi efficienti».