Oggi vi parlo di una raccolta di poesie: Non praticare il cannibalismo del poeta americano Ron Padgett
Il libro
Nelle 100 poesie raccolte in questa antologia troviamo una sintesi degli ultimi 20 anni del percorso artistico dell’illustre poeta americano Ron Padgett. Tra i più celebri esponenti della seconda generazione della scuola poetica di New York, Padgett fa della sua poesia un manifesto di quella “splendida monotonia” che rende ogni suo verso un’eco di un ricordo lontano. Nel 2016 Jim Jarmush gira il film Paterson (candidato alla Palma d’Oro a Cannes nel 2016) usando come filo conduttore della sua esplorazione proprio i versi di Ron Padgett e dipingendo così uno splendido, poetico e veritiero scorcio di una periferia americana senza tempo e apparentemente senza confini.
La mia lettura
Questo volume, Non praticare il cannibalismo, che raccoglie ben 100 poesie di Ron Padgett si apre con una bella intervista di Eric Lorberer al poeta che, riferendosi al suo stato d’animo riguardo alla scelta delle poesie da inserire nel suo “Collected Poems” ha risposto:
“Mettere insieme il libro fisicamente è stato facile. Si è rivelato molto più complicato dal punto di vista emotivo. […] Scegliere le poesie che non erano mai state pubblicate in volume si è rivelato piuttosto difficile, anche perché ne avevo almeno seicento pagine …”
Un lavoro immenso dunque, di cui il poeta riesce a darci conto prima di cominciarne la lettura.
Subito dopo il volume continua con un contributo del poeta sul “Perché scrivere poesie”, risponde a questo interrogativo prendendo in considerazione due punti di vista:
“Qual è lo scopo di scrivere poesia?” e poi “perché tu scrivi poesia?”
Tra le tante motivazioni per cui si scrivono poesie leggiamo che è per dare voce ai sentimenti più complicati procurando beneficio terapeutico a chi le scrive. L’ho fatto anche io lo confesso e trovo che sia verissimo tanto è vero che le ho scritte sempre in momenti difficili della mia vita.
Ma Padgett elenca anche tante altre motivazioni, alcune molto ironiche: “Se scrivi poesia, rendi a te stesso un’alta opinione di te”.
Molte le risposte, convenzionali, come le definisce Padgett ma che tutto sommato si avvicinano alla verità secondo me.
La spillatrice
Quando mia madre morì
lasciò molto poco: vecchi vestiti,
mobili modesti, piatti, qualche
spicciolo, e questo è tutto.
Eccetto per la spillatrice
…………………….
L’appendiabiti
A partire da sinistra ma visto da destra sono
una parentesi aperta proprio come un dottore
mi ha detto che sarei diventato se non avessi iniziato a stare dritto
e non l’ho fatto. Quasi cinquant’anni fa ascoltavamo
una registrazione di Lord Buckley mentre eseguiva la vita Naz
in cui Gesù di Nazareth incontra un pover uomo gobbo
……………………..
Earl grey
Quella tazza di Earl Grey
Non mi ha dato una svegliata.
A che ora è la cena?
Si sta avvicinando alla velocità
Del tempo, che è, un secondo al secondo.
Sento al cucina stridere e sbattere.
Che bello stare qui a pensare
Alle presine!
…………………….
Ho scelto questi brani di alcune poesie di Padgett perché per me sono quelle più adatte a spiegare la caratteristica principale dell’opera di questo poeta americano: l’osservazione pura e semplice di ciò che lo circonda e le conseguenti riflessioni che si dilatano fino ad assumere carattere esistenziale.
Padgett non vuole partire da un pensiero e farne la base dei suoi versi, preferisce partire dall’appendiabiti e trasformarlo nella leva che lo spinge a scrivere, a raccontare l’epica del quotidiano.
Il tono spesso sfoggia una ironia sfacciata.
Impossibile non rimanere sorpresi da certi versi, così diretti, poco inquadrabili nella poesia tradizionale a cui siamo abituati soprattutto noi italiani (lascio fuori le ultime leve della poesia cosiddetta pop).
La ripetizione è un’altra caratteristica di Padgett, riesce in una stessa poesia a ripetere anche più di dieci volte una parola o un verso.
Esiste, nelle poesie di Padgett un «altrove» dove si concentrano tutte le percezioni che vanno a costituire la realtà circostante, i versi sono pieni di cose, di voci, le sue poesie «mostrano» allo stesso modo di un quadro, Ut pictura poesis o forse, nel suo caso, è più corretto dire Ut poesis pictura è come, se acquisite le immagini di ciò che lo circonda, le restituisse in parole riedificando il tutto.
Poetare significa vedere e Padgett vede la necessità di «significare» con i suoi versi. Il suo linguaggio, che dicevo diretto, non è un non-linguaggio poetico è una voce che fermenta di sensi e che non necessita di acrobazie, di «cerebralismo», si serve di una architettura di versi lineare.
Le poesie particolarmenti brevi (dei veri e propri haiku) sono quasi massime sentenziose.
L’epilogo spesso riprende l’argomento centrale della poesia, la spiega, nel caso di La spillatrice per esempio, dopo essersi soffermato sulle caratteristiche e funzionalità dell’oggetto, l’unico che le ricorda davvero sua madre chiude scrivendo:
«Da qualche parte in tutto questo
Mia madre si irradia e galleggia
Come una nebbia così sottile da non poter essere cista,
Un’idea di svolazzo, l’opposto della spillatrice»
Ecco che capiamo cosa intendeva all’inizio.
Se non siete avvezzi alla poesia probabilmente Padgett è uno dei poeti più adatti a rompere gli indugi dei lettori recalcitranti perchè la sua poetica è esplicita, non crea equivoci e non obbliga alla deduzione.
Cento poesie/racconti, così ve le voglio descrivere per invitarvi a leggerle.
Non praticare il cannibalismo. 100 poesie di Ron Padgett
Traduzione: Riccardo Frolloni
Curatore: Paola Del Zoppo, Cristina Consiglio
Editore: Del Vecchio Editore
In commercio dal: 4 febbraio 2021
Pagine: 200 p. € 18,05 Brossura