Le previsioni politiche sono fatte per essere smentite. Non penso però di andare lontano dal vero quando dico che la Lista Calenda a Roma arriverà alla doppia cifra e Carlo Calenda prenderà molti più voti della sua lista. Anche grazie alla estrema debolezza del candidato di centrodestra, Michetti, Calenda rischia addirittura di arrivare al ballottaggio. Se ci arriva, poi stravincerà il secondo turno contro chiunque.
La questione del carattere personale di un politico
Quando andava di moda attaccare ovunque Matteo Renzi tirando in ballo il suo ipotetico “cattivo carattere” ho ripetuto varie volte sui social: “Ma non ci devo andare in campeggio insieme: devo scegliere se fargli amministrare o no il mio Paese”. Soppesavo i risultati ottenuti da Renzi col suo governo (una quarantina di riforme di sinistra di cui quasi nessuno ricorda nulla, anche per un indubitabile e macroscopico difetto di comunicazione di Renzi stesso) e mi dicevo: non c’è nessun altro, oggi, che ha realizzato traguardi più importanti.
In questi giorni di campagna elettorale per le amministrative cerco di applicare lo stesso ragionamento a un altro dei “ragazzi della via Paal” della politica contemporanea: Carlo Calenda.
Calenda è di gran lunga il miglior candidato a sindaco di Roma
Lo dico subito, in modo che non ci siano dubbi: lo voterò come sindaco di Roma con convinzione, senza turarmi il naso. Perché è il candidato migliore in lizza. Perché studia per diventare sindaco di Roma da almeno un anno e ha scelto lui di farlo: non gli è stato chiesto dal suo partito all’ultimo minuto, vedasi Gualtieri.
Poi anche perché la sua elezione non comporta dimissioni dal Parlamento italiano, dove Gualtieri è stato eletto alle suppletive di Roma1 appena un anno fa. E tutti dicono che se lasciasse libero il suo scranno parlamentare, poi Pd e M5S candiderebbero Giuseppe Conte al posto suo, cosa per me più che deleteria. Calenda non si è improvvisato sulla base di una superbia tipica degli inetti, vedasi Raggi del primo e secondo mandato, il primo da consigliera comunale e il secondo da sindaca.
E, last but not least, perché non è un candidato-macchietta che recita la parte di Alberto Sordi nei panni di Rosario Scimoni (per i meno cinefili: L’arte di arrangiarsi, regia di Luigi Zampa, 1954) che si candida a sindaco di Roma (vero, Michetti? E gli acquedotti di Roma antica “meravijiosi”). E poi perché Calenda è l’unico candidato sindaco che vuole costruire un termovalorizzatore per Roma. L’unico che vuol fare tabula rasa di Atac e Ama, infestate da migliaia di “lavoratori”, assunti per le clientele di Alemanno e altri.
Una pletora di candidati improbabili, con poche eccezioni
Degli altri 18 candidati non vale nemmeno la pena di accennare. L’eccezione è Paolo Berdini, personaggio molto lontano dalle mie idee, ma assai serio e con una lunga storia politica nella sinistra comunista. Berdini, scelto da Rifondazione Comunista, è ingegnere e urbanista, quindi a livello di comptenze tecniche è sul piano di un Giovanni Caudo, ahimé sconfitto alle primarie del centrosinistra da Gualtieri. E tuttavia anche Berdini, se gli dirà bene, arriverà quinto con meno del 5% dei voti, quindi certamente dietro a Michetti, Calenda, Gualtieri e Raggi.
Una comunicazione politica da “bulletto”
Fatta la mia dichiarazione di voto, c’è da dire che Carlo Calenda fa di tutto per risultare scostante. Per allontanare proprio gli azionisti e i socialisti-liberali come me. Quelli che hanno in ubbia la comunicazione politica populista e volgare iniziata dal celodurismo bossiano. Poi peggiorata dai vari Rocco Casalino e Luca Morisi e dagli artefici delle macchine comunicative che diffondono false notizie, puntando alla character assassination dei propri avversari. Per carità, Calenda non scende mai al livello di un Casalino o di un Morisi, ma giudicate voi stessi la qualità e l’eleganza di questo messaggio-tipo, apparso ieri sul profilo Instagram di Calenda, in risposta a un lancio di agenzia ANSA che riportava “Roma: Salvini: ‘Noi a Tor Bella Monaca, non nei salotti di Raggi e Calenda”:
Vi sembra normale o minimamente accettabile che un candidato a sindaco della capitale d’Italia risponda ufficialmente su un social in questo modo? Si rivolga a un ex ministro degli interni e capo di un partito di massa dandogli del “Maschio” come l’ultimo bulletto di periferia? Cosa ne è del raffinato manager della Ferrari? Dell’incisivo ministro allo Sviluppo economico del governo Renzi? Non si può nemmeno dire che sia una caduta di stile, se pensiamo a come in generale Calenda si rivolge in pubblico nei suoi comizi.
“Al vice-capo dei vigili urbani dico: ‘Ritirati tu, bello!'”
Ieri, per dire, davanti al mercato coperto di Viale Adriatico, ha rivendicato, fra una tranchant interruzione e l’altra del comizio della sua candidata presidente al Terzo Municipio, la empatica cardiologa Marta Marziali: “Non sono uno che si fa spaventare o minacciare. Al vice-capo dei vigli urbani di Roma che mi invita a ritirarmi, gli rispondo ‘Ritirati tu, bello’ perché io so’ qua e rimango qua“. E’ chiaro che questa comunicazione così frontale, così divisiva, così verbalmente violenta e tipicamente da spaccone produce anche dei benefici. O piace molto (specie a un certo tipo di elettore medio romano), o non piace affatto. Ma certo non rimane grigia, non si rimane indifferenti. Calenda ha deciso – forse inconsapevolmente, questo non mi è chiaro – di puntare sulla figura dell’uomo carismatico. A cominciare dal suo slogan più efficace: “Scegli un sindaco, non un partito”:
Lo “stile Calenda” di certo non lascia indifferenti
E’ uno stile che ha un appeal soprattutto sull’elettorato di destra, abituato a essere affascinato dall’idea dell’uomo solo al comando. Che non scende a compromessi nemmeno con le persone del suo stesso partito.
E può anche darsi che sia uno stile comunicativo azzeccato e vincente. Da cittadino romano so bene quanto sia profondo il grado di esasperazione di noi romani nei confronti della improvvisazione e inettitudine della squadra M5S. Così come delle clientele incancrenite del PD Roma (il PD peggiore d’Italia, quello dell’accoltellamento del suo stesso sindaco Ignazio Marino; Gualtieri a parole ha chiesto scusa a Marino, ma nei fatti ricandida 7 di quei 20 figuri che andarono dal notaio a far dimettere il sindaco scelto dai romani).
Tuttavia, sembra proprio che questo stile “da bulletto” non sia una costruzione comunicativa di Calenda, quanto più un tratto di quel suo carattere personale di cui dicevo all’inizio. Che non dovrebbe essere tenuto troppo in considerazione quando si sceglie il politico a cui far amministrare la cosa pubblica.
Calenda saprà gestire la sua impoliticità?
Nel video qui su, apprezziamo un lato positivo dell’impoliticità di Calenda: quando agita fair-play e invita a votare per la Lista di Caudo (Roma Futura) anche se appoggia Gualtieri. Sono però molte e differenti le voci degli ex collaboratori di Calenda che hanno scelto di non sostenerlo. Sottolineano la sua difficoltà a gestire persone che abbiano idee e presentino critiche al suo operato. Nel mio extra-piccolissimo, sconto da tre mesi un “ban” sui social per avergli scritto che era impolitico attaccare Renzi ogni due per tre, dovendoci poi fare una federazione insieme. E che il PD Roma non lo avrebbe appoggiato mai come candidato sindaco, in quanto sarebbe stato troppo autonomo e indipendente. Lontano dagli interessi del PD Roma. Una sorta di Ignazio Marino 2, ma molto più noto.
L’esperienza di Marino fu per me molto positiva, ma sarebbe stupido negare che Marino compì degli errori da ingenuo, da impolitico. Calenda, per fortuna, ha capito che l’unico modo per fare il sindaco è di non avere la zavorra di 20 consiglieri del PD in maggioranza. Ma saprà gestire le inevitabili critiche che gli verranno dalla sua stessa maggioranza di 29 consiglieri della Lista Civica? Saprà collaborare con i professionisti che ha scelto come candidati a presidente di Municipio? Proprio perché sono in grandissima parte persone serie, competenti e professionali, non si adatteranno a fare gli “yesmen” cari a Calenda.
Fra Alberto Sordi e Nanni Moretti?
Speriamo che questi oggettivi difetti personali dell’uomo Calenda possano tornargli utili come capacità di fronteggiare le incrostazioni insite nel Campidolgio. Speriamo che questa sua attitudine al “ce penso io” non sia un’altra parafrasi del Sordi: quella del Nando Mericoni di Un americano a Roma “ce penso io, americà, just a moment”. Speriamo che il suo “dico, faccio, vedo” non diventi il morettiano “giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose”, per crollare dal “famo, famo” al classico “famo un cazzo”.
Perché, nonostante tutto, Carlo Calenda è il candidato con il più serio e approfondito programma per Roma. E’ il candidato che appare più in grado di rivoluzionare una città che ha nelle municipalizzate il principale avversario all’efficienza, al decoro, alla meritocrazia.
Voto dunque Calenda e senza turarmi il naso, ma con tutte queste considerazioni, che mi sembrava intellettualmente onesto far presente ai miei pochi lettori.