Secondo i dati raccolti da Save The Children, la onlus che tutela i diritti dei bambini, i minori ospitati a Lampedusa nei centri di accoglienza, dopo gli sbarchi, sono circa trecento. Vi sono due strutture: una è la casa della Fraternità di Maria Immacolata gestita da don Stefano Nastasi, l’altra è l’ex base militare della Nato Loran.
Nella prima vi sono circa 111 minori identificati. Provengono perlopiù dalla Tunisia, hanno dai 14 ai 17 anni. Molti vogliono raggiungere la Francia, Roma o il resto della Sicilia. Tutti hanno desiderio di lavorare perché in Tunisia non vi è occupazione. Hanno lasciato i genitori nelle loro città originarie, ma qualcuno è giunto in Italia con i fratelli, a bordo dei barconi. Sono solo maschi. Che fanno tutto il giorno? Dormono, mangiano, giocano a calcio e a carte. Sono gestiti dai volontari, gli operatori e una decina di carabinieri che non rilasciano volentieri dichiarazioni, se non per informare che la situazione è tranquilla e non si registrano incidenti o atti di violenza. Qualcuno dei minori riesce a scavalcare la rete e se ne va in giro per il paese per poi tornare a dormire qui. Hanno a disposizione, stando a quanto dichiarano, un materasso per tre persone e non hanno docce. Sono abbigliati con giubbotti con false griffe e berretti da baseball. Vogliono fumare tutti, ma le sigarette che si passa loro di nascosto sono immediatamente requisite dai carabinieri. Sono qui nei centri dalle due settimane ai sette giorni.
Nella base Loran è stato più difficile verificare le condizioni dei minori, che – secondo le dichiarazioni dei carabinieri che hanno fermato i giornalisti all’ingresso – sono circa 80 (qualcuno parla di 200 ospiti). Le Forze dell’ordine che presidiano la struttura sono composte da quattro uomini, cui s’aggiunge l’arrivo di qualche macchina dei Vigili del Fuoco. Il loro rimpatrio è più complicato: tecnicamente, essendo minori, non potrebbero neppure lavorare. Nessuno di loro, comunque, intende tornare in Tunisia.