La notte dei lunghi coltelli nel pdl meneghino è appena iniziata. Lasciata sulle quinte la questione Lassini, nel partito ben altre lame si agitano da un pezzo. Tra siluramenti, nuove precettazioni, ripicche e ammutinamenti, il conto è difficile da tenere.
Le direttive partite da Roma (ministro La Russa, in particolare) sembrano scontentare parecchi nomi già di casa a Palazzo Marino: la loro candidatura è saltata, sacrificata sull’altare di un presunto “bene comune”. Una causa a cui molti non credono. «Sono solo scontri interni ai big del partito», ci dice un uomo pdl che preferisce non essere citato. Scontri che ridisegnano, inevitabilmente, i riposizionamenti delle rispettive truppe. Tre i maggiori attori che giocano la partita nomine, il sindaco uscente Letizia Moratti, il nuovo coordinatore lombardo Mario Mantovani (subentrato nel ruolo a Podestà nel gennaio scorso e già senatore e sottosegretario) e il presidente della Provincia Guido Podestà. Tra i tre, come confermano nel pdl, non corre affatto buon sangue.
Partiamo dal primo – rumoroso – siluramento. Stefano Di Martino, attuale vicepresidente del consiglio comunale in giunta Moratti è stato escluso dalle liste. Il pretesto? La sua condanna in primo grado per i disordini a Chinatown, il quartiere cinese di Milano, nell’aprile 2007. «Come se per il nostro capolista (Berlusconi, ndr) i guai giudiziari fossero un impedimento», dice un uomo interno al partito. A Di Martino, che aveva fatto partire la macchina elettorale già da parecchie settimane, è arrivata una telefonata di La Russa che gli chiedeva se intendesse davvero candidarsi. Risultato? Almeno 15mila euro già spesi in gadget (penne, volantini, spillette) che il partito dovrà comunque rimborsargli, cui si aggiunge il costo dei manifesti elettorali già stampati. Per cercare di metterci una toppa, La Russa ha pensato bene di consegnarli una onorificenza in Duomo: rituale cui lui si è sdegnosamente sottratto. «Non ho alcuna intenzione di farmi pensionare», tuonava la scorsa settimana.
Ora gli animi sembrano essersi placati con una consulenza assegnata dalla Moratti per l’Expo (come esperto di questioni asiatiche e cinesi) e una carica un po’ più strutturata, ancora da definire, dentro l’evento. A Maurizio Cadeo – attuale assessore all’Arredo, Decoro Urbano e Verde – è stato riservato lo stesso trattamento. Manifesti già stampati, campagna elettorale in abbrivio e siluramento in corsa. «Ma lui non ha pestato i piedi per terra», riferisce un uomo del partito. Non è andata meglio a Giovanni Bozzetti – ex fedelissimo di La Russa. Escluso dalla lista (già assessore alla Moda, Turismo e Tempo libero del Comune sotto la giunta Albertini), è stato parcheggiato in Infrastrutture Lombarde spa, con una carica da presidente più di facciata che di sostanza. Nessun incarico operativo e appena 40mila euro lordi l’anno di retribuzione (un consigliere ne prende 20mila).
Sembra che dietro a tutto ciò ci sia una precisa ragione: spianare la strada a Marco Osnato, genero di Romano La Russa, il fratello di Ignazio. Consigliere comunale eletto alle scorse amministrative del 2006, con una carica già in Aler e al centro di indagini alla Procura della Repubblica di Milano. Il serbatoio di voti “Di Martino-Bozzetti-Cadeo” avrebbe, secondo qualche rumors, disturbato la sua candidatura. In compenso, è entrato qualcun altro. Portato da Roma da Gasparri e La Russa (e poco conosciuto a Milano) è finito in lista Giovanni Mola, luogotenente dei carabinieri. Su di lui vi è un’interrogazione parlamentare del gennaio 2010 al Ministro della Difesa La Russa. A seguito di un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, i parlamentari del pd Maurizio Turco, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina, Matteo Mecacci ed Elisabetta Zamparutti chiedono chiarimenti in merito a un’associazione interna ai Carabinieri, Podgora, con sede a Roma, che si occupa di un business piuttosto ricco: la gestione dei distributori di bibite e snack delle caserme del Lazio.
Il tutto senza alcuna gara d’appalto. Fondatori dell’associazione – cui spetterebbero, formalmente, «attività culturali, volontariato e assistenza ai soci e famiglie», si legge nelle carte – risultano proprio Mola, il brigadiere Giuseppe Tarallo, l’appuntato Maurizio Lama e l’appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, molto vicino al sindaco di Roma Alemanno, oltre che a La Russa. Un affare, quello degli snack, piuttosto ghiotto. Fornire 500 caserme dei carabinieri, sparse nel Lazio, per servire una popolazione di circa 20mila carabinieri, più il pubblico occasionale. Che ci fa, si chiedono nel partito milanese, un luogotenente dei carabinieri pressoché sconosciuto all’elettorato milanese, piovuto da Roma, e in grado di portare – nella migliore delle ipotesi – una cinquantina di voti al bacino meneghino?
Altra “new entry” poco chiara, sembra essere quella di Marco Clemente. Secondo le indagini della Polizia (squadra mobile di Milano), il candidato pdl si sarebbe incontrato, nel 2008, col boss della ’ndrangheta Salvatore Barbaro (su presunto mandato del Ministro La Russa) per chiedergli di recuperare voti alle politiche, nel bacino calabrese. Sebbene Clemente non risulti indagato, viene fatta menzione del suo nome in numerose informative degli inquirenti sulla ’ndrangheta padana (maxi inchiesta del luglio scorso su Loris Grancini, vicino a Cosa Nostra e alla cosca calabrese dei Rappacciolo e nell’inchiesta sulla gestione della security della cosca Flachi). In un’intercettazione del 2008 il candidato parla della pratica del pizzo, nei locali milanesi, con Giuseppe Amato, uomo di punta della ’ndrangheta trapiantata a Milano.
Altra partita interessante e che genera malumori è quella interna all’Opus Dei. A Michele Mardegan, avvocato e attuale vicepresidente del gruppo consiliare del pdl, concorrono a sottrarre voti altri tre candidati molto vicini a quell’area cattolica. Il primo è Fabio Luoni, presidente del Movimento per la Vita Ambrosiano, associazione di volontariato federata al Movimento per la Vita, che si schierò qualche anno fa nella campagna contro la fecondazione assistita e contro l’aborto. Luoni è subentrato in consiglio comunale nel 2010, dopo l’arresto di Milko Pennisi, trovato a intascare una tangente di 10mila euro dall’imprenditore Mario Basso, nel pacchetto di sigarette ormai entrato nelle leggende delle cronache cittadine. Il secondo è Giuseppe Gismondi, sponsorizzato da Magdi Allam: corre infatti nella lista civica collegata al pdl “Io amo Milano”. Infine, è entrato nelle nomine Claudio Marcellino. Inserito nel cartello “Milano al centro, Letizia Moratti sindaco”, è già consigliere di zona 3 per il Comune e Presidente della Commissione Lavoro. Nel 2010 ha assunto l’incarico di Presidente del Forum Milanese delle Associazioni Familiari e del Forum Nazionale dei Genitori della Scuola, organo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.