Per riconquistare i propri elettori, adesso la Lega Nord apre ai referendum. La batosta elettorale delle ultime amministrative ha lasciato il segno: il Carroccio cerca di recuperare i voti persi per strada. Per ritrovare l’intesa – e soprattutto i consensi – con i militanti delusi sarà fondamentale il raduno di Pontida, in programma domenica prossima. Ma anche le consultazioni referendarie su nucleare, acqua e legittimo impedimento potrebbero aiutare. Deve aver pensato così il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che stamattina è andato a votare. «Ho ritirato soltanto le due schede sul quesito relativo all’acqua» si è affrettato a chiarire. «Si tratta di un bene pubblico primario e la contrarietà alla privatizzazione è una posizione che la Lega ha sempre sostenuto».
Il rischio – se la tendenza relativa all’affluenza di ieri dovesse essere confermata – è quello di dover fare i conti con un’altra sconfitta elettorale. I principali esponenti del Governo ripetono da tempo che il raggiungimento del quorum non avrà alcun significato politico. Ma sembra chiaro che in caso di successo dei comitati referendari difficilmente l’Esecutivo potrà tenersi al riparo da nuovi scossoni.
Gli italiani vanno a votare. Con il passare delle ore il raggiungimento del quorum diventa via via più probabile. E a via Bellerio ognuno si adegua come può. «La proiezione fatta dagli esperti del ministero dell’Interno – ha spiegato poche ore fa Maroni – fa pensare che si raggiungerà il quorum per tutti e quattro i referendum». Una dichiarazione rilasciata a margine di un incontro privato con il sindaco di Varese, il leghista Attilio Fontana. Anche lui appena tornato dalle urne.
E poi c’è il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Lui a votare era già andato ieri. Quattro sì. «Non mi ritengo un infame – aveva spiegato fuori dal seggio – E non sono di sinistra». Ha messo le mani avanti anche Umberto Bossi che domenica ha provato a smarcarsi dal Cavaliere. Per il leader del Carroccio l’eventuale raggiungimento del quorum sarebbe la diretta conseguenza dell’incapacità «di comunicare in tv» del premier. Il leader della Lega qualche settimana fa aveva persino guardato con simpatia ai quesiti referendari («quello sull’acqua è attraente» aveva spiegato). Alla fine, però, ha deciso di non votare. Alle urne ha preferito il calcio, ieri in serata è andato in Piemonte per assistere alla finale – tutta padana – dei playoff di serie B: Novara-Padova. Poco prima, tanto per non alzare ulteriormente la tensione all’interno della maggioranza, aveva lanciato un messaggio ai suoi elettori: «Speriamo che la gente non vada a votare, questi referendum sono inutili».
L’elettorato leghista sembra non aver ascoltato il suggerimento. Gran parte dei militanti – lo confermano i risultati dell’affluenza in regioni storicamente “federaliste”, come il Veneto – stavolta sono andati a votare. «Per chi vive in mezzo alla gente questo risultato non è una sorpresa – ha spiegato ancora Luca Zaia – Io ho votato da cittadino, non da presidente della Regione». E i parlamentari del Carroccio come si sono comportati? A Montecitorio l’ordine di scuderia, arrivato direttamente dal capogruppo Marco Reguzzoni, era quello della libertà di coscienza. Ognuno faccia quel che preferisce. Qualcuno ha compiuto il suo dovere di elettore. Al telefono, però, giurano tutti di no. La risposta più gettonata è curiosamente identica alle ultime affermazioni del leader: «Stavolta i quesiti erano inutili».