Sesso e politica, il mistero di Jeremy Thorpe

Sesso e politica, il mistero di Jeremy Thorpe

Ha ottantadue anni ed è malato di Parkinson da trenta, ma nei rari momenti di lucidità si capisce che quello scandalo che mise fine alla sua carriera politica, nel 1976, e provocò una grave crisi nel partito di cui era leader, i liberali britannici, ancora gli brucia. La famiglia di Jeremy Thorpe ha la politica nel sangue: un suo antenato, Thomas Thorpe, ha presieduto la Camera dei Comuni tra il 1452 e il 1453.

Diplomato a Eton, laureato a Oxford, entra in Parlamento nel 1959 trasformando in liberale un collegio tradizionalmente conservatore, e ci rimane per vent’anni. Nel 1967 diventa leader del partito e si distingue nei temi tradizionalmente liberali: la battaglia per i diritti umani, soprattutto contro l’Apartheid sudafricano, e per l’adesione della Gran Bretagna all’allora Mec (Mercato comune europeo). La sua leadership porta i liberali (non ancora liberal-democratici) ai massimi storici, prima di quelli odierni con Nic Clegg. Come scrive Allegra Stratton, la giornalista del Guardian che riesce a intervistarlo nel 2008, «ha portato i liberali da essere un partito tanto piccolo da rannicchiarsi in un taxi (sei parlamentari) a diventare tanto piccolo da occupare un minibus (undici seggi)». Al contrario di Clegg, Thorpe rifiuta di governare con i conservatori di Edward Heath e spiana la strada al governo laburista di Harold Wilson, dando inizio alla fase politica del cosiddetto lib-lab (e nella suddetta intervista sconsiglia a Clegg di formare un governo di coalizione con il conservatore David Cameron, cosa che invece si verificherà all’indomani delle elezioni del 2010).

Ma non era per la politica che Thorpe sarebbe stato destinato a passare alla storia. Un suo conoscente, Norman Scott, già modello e poi ragazzo di scuderia, dichiarò di aver avuto una relazione gay con l’uomo politico tra il 1961 e il 1963, quando l’omosessualità era proibita per legge. Un’inchiesta interna del Partito liberale aveva assolto Thorpe nel 1971. Ma Scott non la smette di accusare il leader liberale. Nel 1975 un ex pilota, Andrew Newton, spara al cane con cui Scott stava passeggiando e poi rivolge l’arma contro l’uomo, ma si inceppa e il colpo non parte. Nel processo che segue, Newton afferma di aver solo voluto spaventare Scott, mentre quest’ultimo, in dibattimento, dichiara che Thorpe l’ha più volte minacciato di morte se avesse reso pubblica la loro relazione, dice anche che l’uomo politico lo chiamava Bunny (coniglio). Questa parola, su cui i giornali si buttano a pesce, causerà danni irrimediabili all’immagine dell’uomo politico. Lo scandalo che ne segue obbliga Jeremy Thorpe alle dimissioni, nel maggio 1976. La sua carriera politica era al culmine: nelle elezioni del 1974 aveva conquistato il 20 per cento dei voti ed era visto come potenziale primo ministro di un eventuale governo di coalizione. Gli succederà David Steel.

Vignetta di Osbert Lancaster apparsa su The Daily Express del 20 ottobre 1977

Ma la vicenda non sarebbe finita qui. Nel 1977 Newton, condannato per detenzione illegale di un’arma, esce di prigione a dichiara di esser stato pagato per uccidere Norman Scott. Nell’agosto 1978 Thorpe, David Holmes, vice tesoriere del Partito liberale, George Deakin, proprietario di un night club, e John Le Mesurier, uomo d’affari, sono incriminati per associazione a delinquere, e il politico liberale è individuato come presunto mandante. Il processo è fissato poco prima delle elezioni del 1979, ma Thorpe ottiene di farlo slittare all’indomani dell’appuntamento con le urne. «Il processo è l’apogeo di una torrida saga cominciata nel 1961, quando Thorpe ha incontrato Scott in una fattoria del Devon, dove questi lavorava come stalliere», scrive il giornalista del Daily Express, Leo McKinstry, in occasione dell’ottantesimo compleanno dell’ex leader liberale.

Vignetta di Michael Heath apparsa su Punch del 29 novembre 1978

Thorpe si presenta in aula nel maggio 1979, una settimana dopo la perdita del seggio e la nomina della conservatrice Margaret Thatcher a primo ministro. I vignettisti si sbizzarriscono: «Non fa parte della tradizione politica britannica che un leader assoldi un killer per ammazzare qualcuno», scrive uno. Il processo non ha un andamento lineare (il principale testimone d’accusa, un ex parlamentare liberale perde credibilità perché vende la storia al conservatore The Sunday Telegraph). Di sicuro erano stati dati a Scott un mucchio di soldi perché stesse zitto. Alla fine, però, in giugno, i quattro vengono assolti.

Thorpe non molto tempo dopo si scoprirà malato di Parkinson, e si ritira dalla vita pubblica. Non chiarirà mai la questione della sua presunta omosessualità, e si farà vedere in pubblico in rarissime occasioni. Il suo libro di memorie, uscito nel 1999, non fornisce ulteriori dettagli sul caso Scott. Non è mai venuto meno il sospetto che tutta la vicenda sia stata una montatura messa in piedi da ambienti del Partito conservatore, che non perdonavano a Thorpe il mancato appoggio a Heath e l’apertura ai laburisti, e  da elementi deviati dell’MI5, il servizio segreto britannico.
«Il disonore della caduta di Jeremy Thorpe ammanta ingiustamente ogni altro aspetto della sua vita. Thorpe è stato un politico elegante, progressista e popolare. Con la sua leadership il partito liberale ha preso più voti di quanti ne avesse mai avuti in precedenza ed è stato determinate a far approvare da un Parlamento diviso le norme che hanno permesso l’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità europea», scrive il giornalista di The Times Julian Glover nella biografia ufficiale di Thorpe nel sito del Partito liberal-democratico britannico.

Jeremy Thorpe lascia l’Old Bailey, la Central Criminal Court
 

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