CasaPound vuole imparare ad amare Che Guevara

CasaPound vuole imparare ad amare Che Guevara

SALERNO – Da tempo è stato trasformato in un’icona pop, buona per poster e magliette. Più difficile è immaginare Che Guevara eletto a eroe della destra neofascista. Eppure il tentativo di sdoganamento è pienamente in atto, come dimostrano i tanti interventi e le pubblicazioni che, negli ultimi anni, raccontano un Che Guevara “altro”, punto di riferimento della destra radicale e movimentista.

Tra i protagonisti della controversa operazione culturale e politica, in atto da almeno un paio d’anni,c’è l’organizzazione neofascista CasaPound Italia, che oggi a Salerno (dopo averlo fatto anche in altre città) tiene un convegno dedicato proprio alla memoria del rivoluzionario argentino morto in Bolivia nel 1967. Il titolo scelto per l’incontro è di quelli che non lascia spazi al dubbio: “Aprendemos a quererte”, che in italiano diventa “Impariamo ad amarti”. Una sorta di dichiarazione di intenti, che non ha mancato di suscitare le pesanti critiche di quanti, a sinistra, gridano al “furto” e di chi, a destra, parla di “idee confuse”.

Polemiche che i militanti campani di CasaPound rimandano al mittente. «Non c’è nessun tentativo di appropriazione – afferma Luca Lezzi, responsabile regionale per la cultura – Che Guevara è marxista e tale rimarrà. Da parte nostra c’è unicamente la volontà di rendere omaggio al personaggio, di parlare di quello che ci ha lasciato dal punto di vista dell’eredità politica. In questo senso, incarna alla perfezione il ruolo di guerrigliero rivoluzionario, pronto a lasciare le comodità della vita da burocrate per andare a combattere ovunque si lottasse per il suo ideale».

Del resto, a condividere il pensiero eterodosso dei militanti salernitani sono in tanti. E non da oggi. Come racconta l’ex inviato dell’Espresso Mario La Ferla nel suo libro “L’altro Che”, da sempre frange della destra radicale, in particolare quella francese e italiana, hanno guardato con ammirazione alla figura del guerrigliero argentino. Tra i primi a dedicare una ballata al Che, a un mese dalla sua morte, furono due autori del cabaret destrorso romano “Il bagaglino”, mentre fu un ex ragazzo della Repubblica di Salò, il giornalista e scrittore Adriano Bolzoni, a scriverne nel ’67 la prima biografia italiana. Più di recente, nel 2007, a rivelare la propria “infatuazione” per il Che è stato l’ex leader di Terza Posizione Gabriele Adinolfi con il libro “Lotta e vittoria, Comandante! Perché da fascista lo onoro”.

«Di fatto – spiega Ugo Maria Tassinari, autore del libro “Fascisteria” e attento osservatore della galassia nera con il suo blog “Fascinazione” – all’interno della destra radicale italiana esiste una tradizione guevarista, che negli anni sessanta guardava al Che e ai movimenti di liberazione del terzo mondo in chiave anti-russa e anti-americana. Si tratta di una corrente minoritaria ma importante, che ha coinvolto esponenti di spicco della destra (tra tutti ricordo Franco Cardini) e che, tra alti e bassi, è arrivata fino a oggi».

Negli ultimi anni si è assistito a una vera e propria esplosione del fenomeno. «Parlerei di un ritorno di fiamma», dice Tassinari, secondo cui «per capire cosa sta accadendo bisogna tener presente che quelli di CasaPound, come tutti i fascisti del terzo millennio, sono fascisti del web 2.0, lontani dalle forme di militanza tradizionali come si sono strutturate in sessant’anni di storia repubblicana. Quelli di oggi sono militanti realmente postmoderni, molto attenti alle forme di comunicazione dell’immaginario. Basti pensare a episodi recenti e dal forte impatto mediatico, come l’assalto alla casa del Grande Fratello, a Roma. Oppure a come è stata gestita la comunicazione in seguito agli scontri di due anni fa a piazza Navona, con la capacità di costruire una campagna di controinformazione sullo stile di quelle prodotte dai movimenti di sinistra in occasione del G8 di Genova. In questa coltivazione dell’immaginario, l’idea di Che Guevara che muore giovane e caro agli dei piace. Perciò nella riscoperta del suo mito direi che prevale l’aspetto estetico (ed etico) più che quello politico».

In tal senso, non dovrebbero stupire più di tanto i manifesti esposti in questi giorni nelle vie di Salerno, che riportano alcune delle frasi più note del Che (“Patria o muerte” o “Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”) firmate con la tartaruga simbolo di CasaPound.

«Non capiamo chi ci dice che non possiamo parlare del Che – risponde Lezzi – In fondo, pur avendo combattuto in mezzo mondo, Guevara non ha mai combattuto il fascismo, quindi descriverlo come un anti-fascista è scorretto. E poi non possiamo restare attaccati alle ideologie del Novecento. Siamo nel nuovo millennio e quelle categorie devo essere lasciate lì, superando quegli steccati ideologici dentro i quali il pensiero unico ci vorrebbe imprigionati. Noi abbiamo l’intenzione di andare avanti».  

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