Silvio Berlusconi ce la mette tutta. Attacca il governo sulla riforma del Lavoro, critica la strategia di Monti in vista della difficile trattativa europea di giovedì prossimo, prende le distanze dagli altri partiti della maggioranza, lancia la campagna elettorale. Eppure è costretto a sostenere l’esecutivo. Insomma, il Cavaliere abbaia. Tanto. Ma per ora continua a non mordere.
La giornata politica del Popolo della libertà è scandita da due appuntamenti: il vertice dei parlamentari alla Camera e il pranzo tra i vertici del partito e il presidente del Consiglio Monti. Ecco la prima novità: a Palazzo Chigi Alfano non è più l’unico invitato. Al suo posto c’è una rappresentanza del Pdl: insieme all’ex ministro della Giustizia ci sono Silvio Berlusconi e Gianni Letta. «Segno che i rapporti tra il Cavaliere e il suo delfino non sono più così buoni» spiega qualcuno. Chissà. Sicuramente la presenza dell’ex premier – a dire il vero da sempre in contatto con Monti – è un’ulteriore conferma del suo rinnovato impegno politico.
Nel faccia a faccia con il capo del governo si parla soprattutto di Europa. Della trattativa che aspetta Monti a Bruxelles durante il Consiglio europeo del 28 giugno. Il Cavaliere non fa in tempo ad uscire dall’incontro e già arrivano le prime critiche all’esecutivo. A Montecitorio riprende la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl. L’occasione è ghiotta: il tentativo di screditare Monti è quasi immediato. Berlusconi racconta di aver provato una fastidiosa «sensazione di indeterminatezza» davanti alla strategia europea del presidente del Consiglio. Spiega ai suoi parlamentari – a Palazzo è avvistata anche l’ex sottosegretario Daniela Santanchè – di aver espresso al capo del governo tutta la propria «inquietudine» rispetto alle ultime misure di Palazzo Chigi. A partire dalla riforma del Lavoro, mai condivisa.
Nel frattempo nell’Aula della Camera è in corso la discussione sulle mozioni che i partiti presenteranno in vista del vertice europeo. Su indicazione del Cavaliere, il Pdl si rifiuta di sottoscrivere un documento unitario con Pd e Udc. Presenterà una mozione propria, per rimarcare le differenze con le altre sigle della maggioranza. Una prova di forza. Il risultato? Paradossale. Per ora il governo Monti non sembra correre alcun pericolo.
Berlusconi alza la voce, è costretto. «Il 78 per cento dei nostri elettori – racconta ai suoi – non è in sintonia con il sostegno del partito a Monti». Ma per adesso il Cavaliere non può permettersi di far cadere il governo. «Dobbiamo andare avanti con l’esecutivo» confida. Il Cavaliere ha ben chiaro un concetto: il Pdl non può prendersi la responsabilità di una crisi di governo. Troppo rischioso. Meglio allora alzare i toni dello scontro. Ma solo quelli. Ecco perché già da questa sera il partito voterà diligentemente le quattro fiducie sulla riforma del mercato del Lavoro. E domani approverà anche le mozioni sul Consiglio europeo di Pd e Udc.
«Evidentemente – racconta un esponente di governo – per Berlusconi la campagna elettorale è già iniziata. Ha capito che deve prendere le distanze da Monti, strizzare l’occhio a una linea anti-europeista e così prova a guadagnare parte dei consensi perduti». Lo stesso Mario Monti intervenendo in Aula risponde nel giro di qualche minuto a Berlusconi. Smontando qualsiasi polemica: «Il presidente Berlusconi dopo l’incontro di oggi ha parlato giustamente di assoluta indeterminatezza per i risultati del vertice europeo. Effettivamente c’è uno spazio negoziale aperto. Non si tratterà di una riunione in cui si andrà a porre un visto formale su documenti pre-preparati».
La campagna elettorale del Cavaliere sembra effettivamente iniziata. Durante il vertice con i gruppi Berlusconi sprona i suoi parlamentari. Chi è presente all’incontro racconta i toni fiduciosi dell’ex premier, convinto che sia ancora possibile vincere, che il Pdl abbia validi argomenti da portare nel dibattito pubblico. Berlusconi ostenta sicurezza: ipotizza un governo Alfano in cui lui potrebbe ricoprire il ruolo di ministro dell’Economia. Progetti rafforzati dall’ultima presa di posizione di Pier Ferdinando Casini, pronto ad un accordo con il Pd. «Se l’Udc va a sinistra – confida il Cavaliere ai suoi – mantiene solo il 10 per cento dei proprio elettori». Tra i parlamentari pidiellini, qualcuno non nasconde l’imbarazzo. «Alla fine dei conti io non ho capito una cosa – spiega nel pomeriggio uno di loro in Transatlantico, disorientato – attacchiamo Monti, ma votiamo tutto quello che il governo ci chiede di votare. Stiamo con l’esecutivo o no?».